La controriforma della sanità inglese

Privatizzare tutto? La ricetta del governo laburista: gli ospedali si rivolgano ai privati per avere fondi, e decidano da soli prestazioni, tariffe e stipendi.Una buona fetta di deputati laburisti non accetta il progetto governativo e si prepara a votare no. Blair corteggia i conservatori.Rischia di essere di proporzioni simili a quella della settimana scorsa la rivolta che i deputati laburisti stanno preparando ai Comuni. Questa volta oggetto della rivolta non sarà la guerra ma la riforma del sistema sanitario. Sono 116 i parlamentari che hanno firmato una mozione contraria alla proposta di legge che consentirà agli ospedali pubblici che lo vorranno di cercare fondi altrove (leggi nel mercato privato) e di conseguenza di assumere il personale che vorranno, a condizioni che sarà la direzione di ogni singolo ospedale a stabilire. La proposta è stata illustrata ieri dal ministro alla sanità Alan Milburn alla commissione sulla sanità, dove ha incontrato notevoli perplessità. Lo stesso presidente della commissione, David Hinchcliffe, ha dichiarato ieri mattina alla Bbc di avere «molti dubbi che il disegno di legge, nella sua forma presente, venga approvato nella seconda lettura alla Camera dei comuni senza il sostegno dei conservatori». E sarebbe la seconda volta nel giro di pochi giorni che Tony Blair ricorre al voto dell’opposizione per far passare una decisione del suo governo. L’idea di ospedali «liberi di gestire i propri affari da soli», per usare l’espressione del portavoce di Downing street, non piace alla sinistra Labour, al sindacato, e neanche a tanti deputati fedeli al premier. La difficoltà per tutti sta nell’accettare una proposta che inevitabilmente porterà ad una divisione tra ospedali e, come ritengono i sindacati, alla fine porterà ad ospedali a pagamento. Ma Blair aveva già detto al congresso del suo partito (lo scorso settembre) di voler eliminare una volta per tutte quella che definisce la politica delle «taglie uniche». Non è vero, ha sostenuto il premier che «tutti gli ospedali sono uguali» e l’idea che sottende la proposta di legge è che prima o poi «tutti gli ospedali dovranno emanciparsi» e quindi cercarsi finanziamenti da soli. I deputati contrari al progetto sostengono che se la legge passerà sarà un ulteriore passo verso la commercializzazione selvaggia della sanità. Le Unions contrastano non solo il progetto ma l’intero impianto di riforme che il new Labour ha in mente e che prevede un intervento sempre più massiccio dei privati nella gestione delle cose pubbliche. La strada imboccata dal governo porta inevitabilmente alla privatizzazione del sistema sanitario nazionale. Le Public Finance Initiatives (le odiate Pfi) che prevedono l’intervento di gruppi o consorzi privati ai quali viene dato in gestione magari per trent’anni l’ospedale pubblico che essi dovranno costruire (o modernizzare), sono una delle colonne portanti della politica new Labour sulla riforma non solo della sanità, ma anche del sistema scolastico e più in generale del welfare. La controversia tra sindacati e governo in materia di privatizzazione si è fatta così aspra da convincere molte unions (il sindacato è il maggiore finanziatore del partito laburista) a congelare i finanziamenti annuali al Labour. In risposta il governo, con il premier in testa, ha avviato una campagna di critica pesantissima alle unions. I sindacati sono stati definiti a più riprese «qualcosa del passato», «dinosauri», «disfattisti». Una vertenza che si è spostata dai congressi del partito e dei sindacati alle pagine dei giornali, con pubblicità pagate una volta dalle unions e una volta dal governo per colpire l’avversario. La battaglia ora approda in parlamento, dove il governo chiede aiuto ai conservatori. In fondo il new Labour sta per molti versi portando avanti molte delle politiche avviate sotto l’era Tory.