Emoderivati, salvavita mortali

Presidio di «senza volto» a palazzo Chigi. Hanno manifestato tutti con mascherine chirurgiche e occhiali per nascondere i visi «segnati dalla sofferenza». A riunirsi in sit-in, ieri, c’erano infatti gli emofiliaci e i coagulopatici che hanno contratto l’Aids e l’epatite C dagli emoderivati – ossia i farmaci che dovrebbero servire a salvare le loro vite – e il Comitato per la Soluzione, che riunisce 700 persone tra malati e parenti di malati deceduti. Chiedono semplicemente che venga loro riconosciuto un risarcimento civile, 450mila euro ai malati e 550mila ai parenti di chi è già morto. Risarcimento per cui è incorso una transazione amichevole che al momento, però, sembra irremediabilmete bloccata. «Supplichiamo il governo – ha spiegato Giuseppe Gelardino Abbale, presidente del comitato – di schierarsi a fianco delle vedove, a volte infettate, e dei figli che hanno perso il sostegno paterno». E se questa richiesta non fosse accolta, sottoporranno la questione alle corti europee di Strasburgo e Bruxelles e faranno lo sciopero della fame e dei salvavita. E’ da oltre dieci anni che gli emofiliaci portano avanti le loro cause contro il ministero della Salute reclamando «giustizia e ottemperanza al diritto civile». Si sono ammalati, molti sono morti, «perché non era stata obbligata la sterilizzazione dei farmaci emoderivati a cui non potevano sottrarsi» e oltretutto, denuncia il comitato, i medicinali non trattati «continuarono ad essere distribuiti anche dopo l’ordine di ritiro». Nel frattempo ieri si è chiuso, per prescrizione, il processo contro alcuni esponenti dell’ospedale romano Fatebenefratelli e della clinica privata «Salvator Mundi» accusati di presunte irregolarità nelle autotrasfusioni. I sei indagati, per i quali nel `97 l’allora pm Antonio Marini aveva chiesto il rinvio a giudizio, escono quindi di scena. Erano accusati di concorso in abuso di ufficio perché, per far effettuare a pagamento le autotrasfusioni che per legge si dovevano fare al Fatebenefratelli, avrebbero dirottato presso la casa di cura diversi pazienti. Per l’accusa, poi, avevano anche violato le norme su prelievo, raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano. Alcuni, infine, dovevano rispondere pure di concorso in peculato: tra il `94 e il ’95 si sarebbero appropriati di numerose sacche di sangue del Centro trasfusionale.