Approvata al Senato la legge italiana sulla fecondazione assistita. L’Italia è l’ottavo paese europeo a mettere nero su bianco in Parlamento le regole per la procreazione artificiale. Il Parlamento italiano ha scelto di scrivere tutto insieme: tutela giuridica, norme di accesso e chiari paletti per i protocolli clinici. Stabilendo l’accesso in base allo stato civile e non a quello di salute del singolo cittadino: possono ricorrere alla procreazione assistita solo le coppie infertili maritate o conviventi stabili. Non possono invece quelle fertili portatrici di malattie genetiche (autosomiche dominanti, malattie rare o betatalassemia) se lo scopo è quello di anticipare la diagnosi prenatale in corso di gravidanza a una fase precedente il trasferimento nell’utero della donna. La diagnosi pre-impianto è infatti vietata. Per essere eseguita si ha bisogno di una selezione su almeno 9-10 embrioni. La legge italiana invece non permette di produrre più di tre embrioni, ovvero di fecondare più di tre ovociti. Inoltre, è vietata la crioconservazione degli embrioni, quindi, quelli prodotti vanno tutti trasferiti in un solo impianto.
C’è però un’unica eccezione alla regola: si possono congelare gli embrioni che la donna nel giorno fissato per l’impianto non potesse trasferire per gravi motivi di salute. Tuttavia, se ha firmato il consenso alla fecondazione in vitro (Fivet o Icsi) e se ha già concepito gli embrioni, in alcun modo potrebbe rinunciare a trasferirli. In più le coppie in cui uno dei due partner fosse sterile (incapace di produrre gameti atti al concepimento) non potranno ricorrere a un donatore anonimo esterno. Ma i figli che nascessero da queste pratiche non potrebbero essere disconosciuti comunque sulla base della mancata derivazione genetica. Il nato verrebbe in ogni caso tutelato.
Le donne non potranno chiedere di non essere nominate alla nascita del bambino. Ovvero, non si potrà in alcun modo accettare la “maternità surrogata” o l'”utero in affitto” per gestire la gravidanza al posto di un’altra donna priva di utero. Gli embrioni crioconservati alla data dell’entrata in vigore della legge vanno catalogati e inseriti in un data base per essere controllabili. E se la coppia non vorrà o non potrà trasferirli? Nessuno potrà decidere cosa farne (distruggerli o darli per la ricerca scientifica) finché il Ministero della Salute non darà indicazioni precise, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge.
Il Servizio Sanitario Nazionale non prevede che la procreazione assistita rientri nei livelli essenziali di assistenza. La legge indica un fondo forfetario da includere nella finanziaria del prossimo anno. Toccherà alle Regioni stabilire se e come pagarla con i propri fondi. E i farmaci per le stimolazioni ormonali? Per ora sono in gran parte prescrivibili e rimborsabili, se richiesti da un medico di una struttura pubblica o privata specialistica e riconosciuta dalla Regione.
In Europa la Germania ha verificato fin dal 1991 le stesse condizioni tecniche dettate oggi in Italia. Come i divieti di crioconservazione e di selezione degli embrioni con l’obbligo di un unico trasferimento. Ma il tutto si è tradotto in un vero e proprio disastro come ha dichiarato qualche mese fa Ricardo Felberbaum, direttore del registro tedesco sui dati della fecondazione in vitro. Un incremento del tre per cento dei parti trigemini e un tasso di successo delle tecniche tra i più bassi d’Europa. Un monito rimasto inascoltato.