Si fa luce sul meccanismo dell’osteoporosi

Una reazione a catena inarrestabile, che a partire da una proteina innesca una serie di eventi che finiscono per attivare il sistema immunitario contro lo stesso organismo cui appartiene. È così che nasce l’osteoporosi, scatenata da un meccanismo inaspettato. A scoprire la catena di eventi all’origine dell’impoverimento del tessuto osseo, descritta nell’ultimo numero della rivista internazionale Proceedings of the American Academy of Sciences (Pnas), è un gruppo italo-americano coordinato dal geriatra Simone Cenci, responsabile dell’unità di Biologia dell’invecchiamento dell’Istituto San Raffaele di Milano. Lo studio è stato condotto in collaborazione con la Emory University di Atlanta e la Washington University di St. Louis. «Finora si credeva che la malattia fosse di origine endocrinologica, e invece coinvolge il sistema immunitario – ha osservato il geriatra -. Quello che abbiamo scoperto è un meccanismo completamente nuovo, che cambia il punto di vista dal quale finora è stata considerata l’osteoporosi». La ricerca, durata due anni, è stata condotta sui topi. Se i risultati dovessero essere confermati nell’uomo, dimostrerebbero che l’osteoporosi è la conseguenza di una risposta immunitaria «inappropriata». La miccia che la innesca, secondo i ricercatori, è il calo degli estrogeni, gli ormoni che l’organismo femminile cessa di produrre con l’arrivo della menopausa. Gli estrogeni sono anche i principali ormoni che consentono di mantenere una adeguata massa ossea ed il loro deficit altera un meccanismo fisiologico di difesa immunitaria del sistema immune e, in questo modo, finisce con lo scatenare una serie di reazioni che danneggiano il tessuto osseo. «Avere scoperto il meccanismo non significa poter disporre di nuovi farmaci in breve tempo», ha osservato Cenci, secondo il quale occorreranno almeno 5 anni per avere dei risultati. Al momento, dunque, la terapia ormonale sostituiva resta l’unica arma per contrastare l’avanzata dell’osteoporosi. Una malattia da invecchiamento che indebolisce progressivamente il tessuto osseo, causando fratture, dolore, immobilità e perdita di autosufficienza e colpisce una donna su 3 ed un uomo su 5 in età avanzata rappresentando una vera emergenza sanitaria. Si calcola che, solo negli Stati Uniti, la malattia provochi 1,3 milioni di fratture l’anno, con un costo di non meno di 14 miliardi di dollari per il sistema sanitario nazionale. Buone notizie vengono invece dal fronte delle malattie cardiache. La mortalità della sindrome coronarica acuta, situazione clinica che causa infarto e angina instabile, è passata dal 10 al 5% negli ultimi 10 anni e anche gli attacchi cardiaci più devastanti sono in diminuzione. Di conseguenza cresce il numero delle persone sopravvissute all’infarto che, però, restano a rischio di nuovi esempi coronarici. Proprio la terapia di una malattia che tende a cronicizzarsi (come accade del resto per altri killer, come i tumori e l’Aids) è al centro dell’attenzione del congresso della European Society of cardiology, in corso a Vienna fino al 3 settembre, che riunisce nella capitale austriaca oltre 25 mila cardiologi.