ISS/COA – AIDS E SIEROPOSITIVITA’ NEL NOSTRO PAESE

Sessantamila casi di Aids segnalati in Italia dal 1982 al 31 Dicembre 2006 , trentacinquemila quelli mortali. Il tasso di letalità è drasticamente diminuito, dal 100% del 1984 all’8,8% di oggi. Sono, infatti, molte le persone che convivono con la malattia grazie all’uso dei farmaci antiretrovirali, che hanno anche prolungato di molto l’intervallo tra l’infezione e l’esordio della malattia. E’ quanto emerge dai dati del Centro Operativo AntiAids (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità. L’incidenza dei nuovi casi di Aids è diminuita dal 1995 (con un picco di 5600 casi) ad oggi ed è ormai stabile: nel 2006 i casi notificati al COA sono stati 1052 diagnosticati nell’ultimo anno e 400 riferiti a diagnosi effettuate negli anni precedenti, praticamente le stesse cifre del 2005. Le regioni più colpite sono, nell’ordine: Liguria, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. C’è un gradiente Nord-Sud per cui i tassi di incidenza sono più bassi nelle regioni meridionali.


Cambiano nel corso degli anni le principali modalità di trasmissione: aumenta infatti la percentuale di casi attribuibili ai contatti sessuali, sia omo che etero. La trasmissione per via sessuale rappresenta nell’ultimo biennio la modalità più diffusa, con il 43,8% relativo ai rapporti eterosessuali e il 20,9% relativo a quelli omosessuali. E’ scesa invece al 27,6%, rispetto al 65,8% dei primi tempi, la trasmissione tra tossicodipendenti. Questi dati indicano una maggior consapevolezza in quelle che venivano indicate come “categorie a rischio”, contrapposta ad una minor percezione della possibilità di trasmissione legata ai rapporti eterosessuali.


Ciò è ancora più evidente se guardiamo il tempo intercorso tra la diagnosi di sieropositività all’HIV e quella della malattia conclamata, informazione che viene raccolta dal 1996. Da allora ad oggi è aumentata la percentuale di pazienti che arrivano allo stadio di AIDS conclamato senza sapere di essere infetti, soprattutto tra chi ha contratto il virus per via sessuale, in particolare eterosessuale. Ciò porta da una parte ad un aumentato rischio di contagio nella popolazione, dall’altra ad accorciare i tempi di presentazione della sindrome, per l’impossibilità di effettuare la terapia antriretrovirale con sufficiente anticipo.
Aumenta inoltre l’età delle persone colpite: il 66% del totale si concentra nella fascia tra i 30 e i 49 anni, praticamente 10 anni più tardi rispetto alla prima fase dell’epidemia. L’età mediana alla diagnosi è di 43 anni per gli uomini e 39 per le donne.


La sorveglianza della sieropositività ISS 20/06/07


In Italia, la notifica dei casi di Aids è obbligatoria dal 1986. Dal giugno 1987 tali dati sono gestiti dal COA. Non esiste, invece, un sistema nazionale di notifica delle nuove diagnosi di infezione da Hiv. Alcune regioni e province hanno istituito autonomamente un sistema di sorveglianza di tali dati, che vengono accorpati a livello centrale: Lazio, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Liguria, e le province di Modena, Trento, Bolzano, Sassari e Rimini. I casi segnalati, pur non rappresentando la totalità, danno un’indicazione sulla diffusione del virus in Italia.


Nel 2005 sono state diagnosticate dal sistema 1459 nuove diagnosi di sieropositività. Dal 1985 al 2005 sono state 37220. L’incidenza ha avuto un picco nel 1987, per diminuire fino al 1998 e stabilizzarsi successivamente; solo in alcune aree si sta assistendo ora ad un leggero incremento. La proporzione di donne è aumentata progressivamente negli anni: il rapporto maschi/femmine era di 3,6 nel 1985 e di 2,4 nel 2005, vale a dire che per ogni donna sieropositiva nel 1985 si contavano circa 3 uomini sieropositivi e 2 nel 2005. In maniera analoga alle diagnosi di Aids, aumenta l’età della prima diagnosi di infezione e cambiano le categorie di trasmissione: la quota dei tossicodipendenti è diminuita dal 74,5% nel 1985 al 9,5 nel 2005, mentre i casi a trasmissione sessuale sono aumentati dal 7,9 al 69%.


La diminuzione dei casi di Aids non è attribuibile ad una riduzione delle nuove infezioni, ma soprattutto all’effetto delle terapie, anche se l’accesso prima della sindrome conclamata è fortemente condizionato dalla conoscenza della sieropositività.

I dati sulle nuove infezioni, che non sono influenzati dall’accesso alle terapie né dall’aumento della sopravvivenza dei pazienti con Aids, forniscono informazioni essenziali sull’epidemia. Dopo un picco negli anni ’80, vi è stata una diminuzione fino alla fine degli anni ’90, con successiva stabilizzazione. Ora l’infezione sembra essere in leggero aumento in alcune zone: se ciò possa preludere ad una recrudescenza dell’epidemia in quelle aree è però presto per dirlo.