Farmacia geneticamente modificata

Vaccini contro rabbia, Hiv, diabete di origine autoimmune e tubercolosi. Prodotti in quantità industriali a partire da una piantina di tabacco o dal mais. È la prospettiva su cui stanno lavorando 35 centri di ricerche europei finanziati dal 6° programma quadro per la ricerca dell’Unione con 12 milioni di euro. Tra questi anche tre centri italiani: l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr di Milano, l’Università di Verona e il Centro di ricerche Casaccia dell’Enea. “Pharma – Planta prevede di produrre in piante geneticamente modificate molecole di interesse farmacologico e di iniziare la sperimentazione clinica sull’essere umano nel giro di cinque anni”, spiega Alessandro Vitale dell’Ibba. Ma anche di fare luce sugli aspetti più controversi di questa tecnologie: la possibile contaminazione ambientale e la regolamentazione a livello europeo delle coltivazioni.
Il progetto prevede infatti un gruppo di lavoro esclusivamente concentrato sulla sicurezza. “Mentre le ricerche eseguite sulle varietà geneticamente modificate a scopo alimentare hanno portato l’Unione europea a permetterne la commercializzazione sul suo territorio, per le varietà ‘medicinali’ non abbiamo ancora dati sufficienti che ci indichino i possibili rischi”, va avanti il ricercatore. “Per questo il nostro progetto vuole arrivare a scrivere delle linee guida che chiariscano in che modo vanno coltivati questi ogm speciali”. Il pericolo è quello della contaminazione di altri raccolti e del trasferimento di geni estranei in varietà poi utilizzate a fini alimentari. I medicinali potrebbero così raggiungere persone a cui non sono destinati con effetti collaterali potenzialmente molto pericolosi.

Un rischio ancora troppo alto che ha convinto il dipartimento dell’Agricoltura statunitense a negare alla Ventria Biosciences l’autorizzazione a coltivare una varietà di riso contenente due proteine umane – la lactoferrina e il lisozoma – utili a combattere le infezioni nei neonati. E che a spinto Doug Ausenbaugh, fondatore di un’azienda biotech – la Controlled Pharming Ventures- insieme all’Università Purdue a valutare un’opportunità bizzarra: coltivare gli ogm farmaceutici sotto terra. L’idea è quella di sfruttare alcune miniere abbandonate che, con opportuni accorgimenti, potrebbero ora risultare molto utili. I ricercatori stanno cercando di mettere a punto il sistema di aerazione, che deve consentire il ricambio di aria ma non la fuoriuscita del polline, e quello di illuminazione, che deve allo stesso tempo essere conveniente ed efficiente (ci si chiede per esempio se serva illuminare tutta la pianta o basti indirizzare i fasci di luce sulle radici).

Il progetto europeo invece è concentrato su altre possibilità: “i gruppi di ricerca che si occupano di sicurezza valuteranno se è possibile coltivare il mais farmaceutico in zone dove quello ‘normale’ non è coltivato anche se le condizioni ambientali lo consentirebbero e dove quindi non potrebbe esserci incroci con varietà usate a fini alimentari. Oppure usare delle varietà con chicchi dal colore molto diverso così che l’eventuale incrocio risulti subito evidente, o ancora servirsi di piante che non producono polline”, spiega ancora Vitale. Il problema è infatti concentrato sull’uso del mais, una pianta a cui i ricercatori non vogliono rinunciare – è conosciuta nei minimi particolari sia dal punto di vista biologico che agricolo ed è una base ottima per l’espressione delle proteine che formano i vaccini – ma che per il suo largo uso alimentare pone seri problemi di sicurezza.

Insieme alla sicurezza il progetto europeo svilupperà due filoni principali: cercare di aumentare la produzione di sostanze proteiche che si esprimono con difficoltà nelle piante e studiare molecole che già da anni vengono prodotte da vegetali gm. “Il primo è quello che ci vede impegnati in prima linea attraverso la messa a punto di nuove tecnologie”, spiega il ricercatore del Cnr. “Il secondo invece è quello che consentirà nell’arco dei cinque anni del progetto di sperimentare i vaccini sugli umani”. I primi della lista saranno a base di anticorpi per la prevenzione della rabbia e dell’Aids.