Criminalizzare i tossicodipedenti non paga

La criminalizzazione delle tossicodipendenze ostacola l’accesso alle cure”, ha ricordato Mauro Guarinieri, presidente del gruppo europeo sui
trattamenti Aids (EATG) durante i lavori della XV Conferenza internazionale Aids.Sono stati i tossicodipendenti la prima “categoria a rischio” (così si chiamava allora) a fare i conti con l’infezione da Hiv in Italia. Ma, come ha ricordato Mauro Guarinieri, presidente del gruppo europeo sui trattamenti Aids (Eatg) durante i lavori della XV Conferenza internazionale Aids, gran parte della responsabilità della grande diffusione dell’infezione tra i cosiddetti injection drug user (Idu) risiede proprio nella criminalizzazione dell’uso di sostanze. Che spinge i tossicodipendenti nella clandestinità, lontani da qualunque programma di assistenza e di prevenzione e che soprattutto impedisce loro di
organizzarsi attivamente per far valere propri diritti, non ultimo che li allontana dall’accesso alle cure. È partendo proprio dal suo caso personale che il rappresentante europeo ha denunciato la grave situazione che vede i tossicodipendenti esclusi dalla maggior parte dei programmi di
trattamento in tutto il mondo, soprattutto in Asia, dove la situazione si fa sempre più preoccupante.

Oltre alla chiara valenza morale della denuncia, c’è anche un risvolto più che pratico: in questo modo non si fa altro che alimentare un serbatoio di
nuove potenziali infezioni. L’Eatg, in collaborazione con le principali organizzazioni internazionali, ha recentemente affrontato il problema con
Jim Kim, direttore del programma Hiv/Aids delle Nazioni Unite, alla ricerca di nuove strategie per implementare efficaci politiche di riduzione del danno nei paesi più colpiti quali Eruopa centrale ed
orientale, Asia e America latina. L’Unaids (l’organismo dell’Onu interamente dedicato all’Hiv/Aids) stima che gli Idu rendono conto del 10% delle infezioni che ogni anno si verificano in tutto il mondo (e di un terzo delle nuove infezioni fuori dall’Africa). Eppure, nonostante questo,
in Russia i tossicodipendenti tuttora alle prese con la siringa, sono esclusi da tutti i programmi di trattamento. Il direttore del centro Aids
di Mosca ha recentemente dichiarato che non c’è un gran bisogno di farmaci contro l’Hiv perché i tossicodipendenti non possono essere inseriti nei
programmi di trattamento. Di tutta l’America latina solo quattro Paesi offrono farmaci antiretrovirali indipendentemente dal passato del paziente: Brasile, Uruguay, Cile e Argentina (ma quest’ultima solo se il tossicodipendente si astiene dall’uso di sostanze). Chi fa uso di droghe è
completamente escluso dai programmi di tutte le altre nazioni dell’America latina.

Ma, ricordano gli attivisti, diverse esperienze e studi dimostrano l’infondatezza delle affermazioni di chi ritiene inaffidabili i pazienti che fanno uso attivo di droghe. E non servono solo trattamenti: ai governi si richiede anche di intervenire fornendo il
metadone per la terapia sostitutiva di chi cerca di liberarsi dell’uso di sostanze e aghi puliti per chi continua a farne uso. In sostanza, concludono gli attivisti, a che serve creare strutture per un servizio Aids in Russia o in Asia se poi dai programmi viene sistematicamente esclusa proprio la maggioranza della persone alle prese con l’infezione?