Un vaccino, due novità

La notizia dell’avvio dello studio di fase I del vaccino italiano contro l’Hiv merita di essere analizzata vista da vicino. Non solo perché riguarda un problema come l’Aids che preoccupa il Nord e decima il Sud del mondo. Elementi d’interesse aggiuntivi sono il contenuto del vaccino e la conduzione dello studio, ovvero il modo in cui è stato deciso di reclutare i volontari. Per quanto riguarda il vaccino, l’interesse per la soluzione proposta dalla studiosa dell’Istituto Superiore di Sanità Barbara Ensoli è nel fatto che l’obiettivo del vaccino è diverso da quelli sinora collaudati. Questi, infatti, contenevano proteine della superficie del virus. Più facili da allestire, hanno però un inconveniente: l’Hiv ha un aspetto chimico mutevole e deve la sua sopravvivenza – un po’ come fa quello dell’influenza – anche al fatto che la sua corazza proteica cambia. Succede così che i vaccini studiati istruiscono il sistema immunitario a preparare anticorpi che si possono rivelare armi spuntate perché il virus presenta all’esterno proteine diverse da quelle prese a bersaglio. Ensoli ha puntato invece alla proteina Tat, ovvero Trans-activating transduction, sepolta all’interno del virus, ritenuta indispensabile per la sua sopravvivenza e quindi anche per la sua capacità infettante. Il vaccino contiene questa proteina e l’idea sulla quale si scommette – per ora con solo il conforto di studi sulle scimmie – è che una volta arrivata nel corpo delle persone e riconosciuta estranea dai globuli bianchi si attivi una risposta immunitaria utile a vincere l’attacco del virus. Che le cose possano andare così comunque, lo potranno confermare solo gli studi successivi di fase II e III, quelli che hanno l’obiettivo di misurare il valore protettivo del vaccino.

Gli studi di fase I come quello in questione riguardano volontari – e siamo al secondo punto da vedere meglio – una parola che suggerisce subito l’associazione con cavie o mercenari. Non solo ai profani. Le molte malefatte industriali hanno suggerito allo scrittore Le Carré le pagine di un giallo, “Il giardiniere tenace”. Pagine contro lo strapotere delle multinazionali del farmaco. “Certo” ha detto l’autore in un’intervista, “mi sarei potuto occupare delle compagnie petrolifere che in Nigeria hanno scatenato una immensa catastrofe umana costringendo le tribù locali ad abbandonare la loro terra ormai contaminata. Avrei potuto utilizzare lo scandalo del tabacco con additivi con cui i produttori occidentali provocano assuefazioni nelle comunità del Terzo Mondo già devastato dall’Aids, dalla tubercolosi e dalla miseria. Ma una volta entrato nel mondo della Big Pharma – come viene chiamata la grande industria farmaceutica – non sono più riuscito a staccarmene: è un mondo alimentato da un giro di denaro esorbitante in grado di corrompere chiunque, di corrodere ovunque. La Big Pharma può reclutare cavie umane nel Terzo Mondo per gli esperimenti e influenzare e comprare le opinioni scientifiche, piegare ai propri desideri i governi di quasi tutto l’Occidente”.

Parole che dobbiamo tenere a mente quando leggiamo che studiosi dell’Uganda Virus Research Institute hanno iniziato uno studio clinico su un vaccino anti Aids su 50 volontari sani. Il vaccino, contenente frammenti di Dna virale, è stato messo a punto da un progetto congiunto tra l’International Aids Vaccine Initiative (un’organizzazione non profit che sponsorizza lo sviluppo di vaccini anti Aids), un’unità dell’Università di Oxford e l’Università di Nairobi. Le persone saranno sottoposte a delle visite mediche a intervalli di sei mesi per controllare la risposta. L’eventuale successo di questo studio aprirà la strada alla realizzazione di studi analoghi in Kenia e Gran Bretagna sulla sicurezza del vaccino. In questo caso parliamo di volontari o di mercenari? Chi controlla ciò che avviene?

L’arruolamento dei volontari è quindi di strategica importanza per la conduzione di uno studio clinico. In genere si ricorre a un volontariato prezzolato. Come ricorda David Vere, docente al Dipartimento di farmacologia e terapia presso il London Hospital Medical College “Nell’industria i volontari sono attentamente controllati dai sindacati, hanno una conoscenza specifica dei rischi biologici e delle protezioni. Ora che i volontari vengono reclutati tra gli studenti dei “college”, essi necessitano di un tipo diverso di protezione. Gli studenti sono mal informati e squattrinati e vengono facilmente attratti dal denaro, e l’imporre delle protezioni può limitare l’autonomia dei volontari. Anche così, vi è grande preoccupazione per le persone che partecipano di propria volontà a sperimentazioni ripetute. L’opinione pubblica – aggiunge Vere – ed i medici convengono che a questi volontari dovrebbe essere garantito il massimo di sicurezza. Un risultato è stato che l’azione che mira alla loro protezione ha portato a una rapida ascesa dei premi di assicurazione, guidata dalle compagnie assicurative americane ed alimentata dai costi delle controversie legali”.

Il dovere di non arrecare danno si riferisce chiaramente agli studi sui volontari umani e a riguardo occorrono protezioni contro ogni sorta di danno prevedibile e prevenibile. Inoltre, i volontari umani devono essere risarciti pienamente dal fabbricante del prodotto per il danno che questo eventualmente possa causare, senza che i volontari debbano sostenere l’onere della prova.

Stavolta, la strada percorsa per il reclutamento è diversa. A Roma il Policlinico Umberto I e lo Spallanzani e a Milano il San Raffaele recluteranno 32 persone sane e 56 infettate ma non ancora sottoposte a terapie antivirali grazie a un numero verde messo a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità. Si punta sull’interesse personale sanitario non su quello monetario e sulla generosità. Naturalmente sarà interessante vederne l’esito.