La casa delle discriminazioni

Il parlamento europeo critica l’Italia sui diritti umani. Governo bocciato su xenofobia, lavoro minorile e gay. L’Unione europea chiede a tutti gli Stati membri di riconoscere il diritto alle unioni matrimoniali e alle adozioni per gli omosessuali.
L’Italia, intesa come «casa delle libertà», fa una pessima figura in Europa per quanto riguarda il rispetto dei diritti delle persone. Lo sottolinea a più riprese la risoluzione sulla situazione dei diritti umani nella Ue nel 2002, approvata ieri dal parlamento europeo con 221 voti a favore e 195 contro. Dal punto di vista di questo documento, il nostro governo e la sua maggioranza fanno molta (troppa) propaganda ma si danno da fare ben poco per combattere il razzismo, la persistenza del lavoro minorile, i licenziamenti ingiustificati, la discriminazione dei gay e delle lesbiche. Per non parlare delle carceri, come spiega l’«emendamento Sofri» (inserito nella risoluzione), che fa esplicito riferimento a questo celebre caso di giustizia all’italiana e invita i paesi membri a valutare «l’effettiva legittimità del protrarsi della detenzione».

Per quanto riguarda la propaganda, l’aula di Strasburgo critica la concentrazione del potere sui mezzi di informazione, giudica negativo che la questione «non abbia trovato una soluzione legislativa» e ribadisce che per difendere la liberta e il pluralismo dell’informazione servono regole a livello europeo. Ogni allusione a Silvio Berlusconi e al suo originale intreccio di affari e politica non è puramente casuale.

Sulla xenofobia c’è un richiamo collettivo a Spagna, Grecia, Francia, Portogallo e Italia perché conducano «una politica più incisiva per eliminare certi comportamenti razzisti. A proposito di lavoro minorile, invece, il nostro paese viene redarguito insieme a Francia, Portogallo e Olanda per non aver agito adeguatamente sulla propria legislazione.

L’argomento su cui gli italiani si distinguono maggiormente, in senso negativo, è però quello dei diritti degli omosessuali, che guardacaso sta molto a cuore (sempre in senso negativo) anche al Vaticano. Di «discriminazione fondata sull’orientamento sessuale» si occupano specificamente 6 paragrafi della risoluzione. Uno dice per esempio che l’europarlamento «ribadisce la propria richiesta agli stati membri di abolire qualsiasi forma di discriminazione – legislativa o de facto – di cui sono ancora vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e all’adozione». Un altro cita a modello dei progressi registrati nel 2002 il caso del Belgio, che lo scorso anno ha esteso il matrimonio civile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. Le unioni di fatto etero e omosessuali, spiega ancora la risoluzione a costo di risultare noiosa, devono essere riconosciute al pari di quelle coniugali. Incluso il diritto alla libera circolazione dei partner nell’Unione europea, vanificato in paesi come l’Italia che riconoscono valore legale solo al matrimonio eterosessuale.

Le sollecitazioni che arrivano da Strasburgo non sono nuove, se si pensa che il primo documento ufficiale dell’europarlamento sul diritto al matrimonio e alle adozioni per gli omosessuali risale al 1994. Nel caso della risoluzione passata ieri, comunque, gli italiani hanno fatto tutto quello che potevano per conquistare il titolo di più omofobi della Ue. Un folto gruppo di «nostri» eurodeputati, infatti, aveva presentato nei giorni scorsi una raffica di emendamenti al testo proprio per eliminare il capitolo «omosessuali», o quantomeno per ridimensionare il più possibile i termini della questione. Il tentativo, opportunamente denunciato dai radicali, è clamorosamente fallito perché tutti gli emendamenti sono stati bocciati in aula, ma evidenzia alcuni elementi davvero poco rassicuranti. Innanzitutto la coincidenza di metodo con le prescrizioni vaticane, ripetute ufficialmente un mese fa dal cardinale Ratzinger. La chiesa cattolica ordina di combattere qualunque forma di riconoscimento delle unioni omosessuali (o di fare almeno tutto il possibile per limitarne la portata sociale) e decine di eurodeputati italiani prontamente eseguono. Non meno inquietante è la trasversalità di questo comportamento, visto che gli emendamenti di ispirazione vaticana sono stati sottoscritti da esponenti politici di centrodestra e di centrosinistra, a ulteriore dimostrazione del fatto che quando c’è di mezzo il papa termini come bipolarismo o alternanza rischiano di risultare privi di senso. Se non sorprende che rappresentanti di Lega, An o Forza Italia abbiano fatto in Europa ciò che fanno normalmente in Italia con la loro aggressiva idea di tutela della famiglia tradizionale, è impressionante che deputati della Margherita agiscano esattamente nello stesso modo. La lotta alle discriminazioni contro gli omosessuali è stata negli ultimi dieci anni in Europa una delle non molte discriminanti tra progressisti e conservatori, ma sull’argomento il centrosinistra italiano si è ritrovato spesso dall’altra parte della barricata. Senza peraltro avere la faccia tosta, che a destra certo non manca, di rivendicare le proprie posizioni favorevoli al mantenimento di discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale. Così stando le cose, c’è da pensare che al di là degli esiti delle prossime tornate elettorali l’Italia continuerà a lungo a subire le reprimende del parlamento europeo senza scomporsi più di tanto.