I due congressi di Vienna

Il consumo di sostanze illegali nel mondo è un fenomeno di proporzioni gigantesche, eppure i temi del movimento antiproibizionista faticano a imporsi all’attenzione generale. Il meeting delle Nazioni unite sulle droghe, in corso in questi giorni a Vienna, ha costituito l’occasione per fare il punto sulla situazione.Secondo i dati Onu, i consumatori di cannabis nel mondo sarebbero 185 milioni e probabilmente la cifra è sottostimata. Inoltre l’Osservatorio europeo di Lisbona afferma che, in Europa, i consumatori di cannabis sono tra il 18 e il 35% della popolazione compresa nella fascia di età 18-65 anni. In Canada, il 50% della cannabis in circolazione è prodotta a livello nazionale (e in larga parte è autoprodotta dai consumatori), come afferma un rapporto del senato canadese. Il consumo di sostanze illegali nel mondo è un fenomeno di proporzioni gigantesche, eppure i temi del movimento antiproibizionista faticano a imporsi all’attenzione generale. Ma in Europa il movimento sta crescendo e il meeting delle Nazioni unite sulle droghe, in corso in questi giorni a Vienna, ha costituito l’occasione per fare il punto sulla situazione politica consentendo al movimento stesso di misurare le proprie forze. La mobilitazione lanciata dalla rete internazionale Icn con Encod (che ne è la rete europea) ha portato nella capitale austriaca migliaia di militanti antiproibizionisti provenienti da tutta Europa per protestare contro la politica della «war on drugs», voluta dagli Usa e fatta propria dalle Nazioni unite. Il movimento ha dato vita a una conferenza alternativa che è stata anche il suo primo incontro europeo e ieri (sabato) ha sfilato nel centro di Vienna con sound systems e artisti di strada provenienti da Italia, Olanda, Austria, Regno unito. Prima di raggiungere la sede dell’Onu, i manifestanti hanno attraversato il ponte sul Danubio e da lì hanno lanciato sul fiume palloncini contenenti semi di cannabis e papavero da oppio. La rete Mdma (Movimento di massa antiproibizionista) ha dimostrato una grossa capacità di mobilitazione, assai apprezzata qui a Vienna, dove per partecipare alla manifestazione sono arrivate almeno 500 persone con pullman da Perugia, Bologna, Milano, Genova. Tra gli argomenti di dibattito emersi venerdì nella conferenza alternativa è emersa l’esigenza di valorizzare le esperienze fin qui acquisite nei singoli paesi raccordando il livello locale a quello europeo e globale. Lo spagnolo Martin Barriuso dell’organizzazione Ailaket ha richiamato il movimento alla concretezza, chiedendo che queste giornate di mobilitazione vengano utilizzate per mettere a punto un’agenda politica per i prossimi mesi. Un invito in questo senso è arrivato anche dalla spagnola Virginia Montañes (Transnational Institute, Amsterdam). «Noi in Italia siamo partiti dai singoli gruppi e dalle loro diverse caratteristiche, e credo che questa pratica vada applicata anche a livello europeo» ha sottolineato Gianni De Giuli dell’Mdma. «Credo – ha aggiunto – che le diverse realtà possano avere molto da insegnare le une alle altre, e sarebbe un errore cercare di individuare un modello unico per tutti i contesti». Un obiettivo centrale per le organizzazioni e le Ong che operano sul territorio è dunque quello di mettere in rete le diverse esperienze, in modo da farne un patrimonio comune. Ma una sfida non meno importante per il movimento è portare i temi antiproibizionisti dentro l’agenda del social forum europeo e mondiale. Un compito non facile (se è vero, come ha sottolineato Martin Barriuso, che all’ultimo forum sociale di Porto Alegre i workshop dedicati alla questione delle droghe erano soltanto tre) ma irrinunciabile, e il prossimo appuntamento importante in questo senso è il Social forum europeo che si terrà a novembre a Parigi. L’argomento è stato affrontato anche da Grazia Zuffa, direttrice di Fuoriluogo, che ha posto la domqnda: «Come facciamo a far diventare la ‘war on drugs’ una questione importante del Social Forum Europeo?» e ha individuato una delle difficoltà politiche nel fatto che alcuni gruppi cattolici facenti parte del «movimento di Porto Alegre» trovano difficile accettare, ad esempio, determinate pratiche di riduzione del danno (si pensi alle injecting rooms tedesche o spagnole, dove i consumatori possono iniettarsi eroina in condizioni di sicurezza sanitaria). «Questo – ha concluso Zuffa – deve diventare un vero movimento, non solo un movimento di minoranze». Dal canto suo Giuseppe Bortone (responsabile tossicodipendenze Cgil nazionale) ha sottolineato come molti operatori che lavorano nel settore delle tossicodipendenze, proprio grazie alle esperienze di riduzione del danno, abbiano superato timori e preconcetti duri a morire anche nella sinistra, mentre Francesco Piobbichi, operatore di strada e responsabile del dipartimento sulle droghe di Rifondazione comunista, ha ricordato come le carceri siano un ghetto sociale dove finiscono immigrati e tossicodipendenti. «Le Nazioni unite – ha concluso Joep Oomen di Encod – non difendono gli interessi dei cittadini del mondo. E’ tempo di rifondare i `popoli uniti del mondo’. La regolamentazione sulle droghe deve colpire gli interessi della criminalità organizzata e, insieme, migliorare le condizioni di vita delle persone, siano esse consumatori oppure no».

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