Dove l’Aids non uccide

Il Presidente del Sud Africa sostiene di non conoscere nessuno che sia morto di Aids. Eppure il suo paese, con sei milioni di sieropositivi, è uno dei più colpiti dal virus.Thabo Mbeki, che nel 1999 prese il posto di Nelson Mandela alla guida del Paese sudafricano, ha dichiarato ai media che “Non conosce nessuno che sia morto di Aids”. Mbeki è il Presidente di una nazione in cui i malati di Hiv oscillano tra il 15 e il 30 percento della popolazione (fonte Unaids). Come c’era da aspettarsi, la sua dichiarazione ta suscitando accese polemiche, non soltanto in Sud Africa.

Per la BBC la dichiarazione di Mbeki ha gettato ombre sul modo in cui il Presidente sudafricano sta affrontando la piaga dell’Aids. Secondo il Medical Research Council sudafricano, su una popolazione di 43,8 milioni di individui, ci sono tra i 4,8 e i 6,6 milioni di persone colpite dal virus Hiv. Una conta esatta dei morti, però, non si può fare. Specie nei villaggi periferici, infatti, i medici evitano di scrivere la parola Aids o Hiv nei certificati di morte. In questi ambienti l’Aids è considerato un marchio d’infamia: chi è malato, o anche solo sospettato di esserlo, e i suoi familiari, vengono emarginati dagli altri abitanti del villaggio. Per questo i medici, nel tentativo di aiutare almeno i parenti della vittima, fanno a meno di nominare la malattia tra le cause del decesso.

Chi si ammala della Sindrome da immunodeficienza acquisita non muore direttamente di Aids o di Hiv. Il virus infatti colpisce il sistema immunologico, eliminando le difese del corpo umano, così che anche una semplice influenza può portare alla morte. Perciò la dichiarazione del Presidente Mbeki, secondo la quale egli non conosce nessuno che sia morto di Aids, ha una sua paradossale verità. “Le parole di Mbeki – sostengono gli operatori delle campagne contro l’Aids- sono ingannevoli, alimentano nelle persone convinzioni e idee pericolose”.