CROI 2016: VIDEO INTERVISTE DEL PRESIDENTE DI NADIR E TEMI PRINCIPALI

Andrea Antinori, Giovanni Guaraldi e Gianni Di Perri, video-intervistati dal Presidente di Nadir Filippo von Schloesser, delineano i principali temi affrontati nella conferenza (Boston, 22-25 Febbraio 2016). A seguire un’anticipazione del Report di Delta 73.

La CROI conferma di essere la conferenza di riferimento sui temi di ricerca e pratica clinica, allargando i propri confini verso la prevenzione e gli aspetti sociali e comportamentali. L’allungamento dell’aspettativa di vita in presenza di HIV obbliga ad approfondire la valutazione degli aspetti legati alla qualità della vita e a quelli fisiologici.

Prevenzione e pregiudizio

Queste le due parole chiave che hanno guidato questa edizione. La complessità del superamento dello stigma delle persone con HIV (concetto contiguo a quello di fobia) deve tenere in conto gli aspetti sociali e culturali delle varie comunità. Uno degli strumenti di base è il coinvolgimento della società civile nella ricerca e nella divulgazione dei risultati (L. Sprague, USA). Un altro strumento contro il pregiudizio è la partecipazione di persone sieronegative negli studi sulla prevenzione.

Profilassi Pre-Esposizione

Molte le presentazioni che avallano la validità della profilassi biomedica anche sulla base dei risultati osservazionali. In aumento, infatti, le persone che ne fa uso con una diminuzione notevole di casi di positivizzazione negli USA (K.Mayer, abs 890, K.Scanlin, abs 888, D.Wheeler, abs 883LB, USA). Risultati molto positivi anche dai due studi francesi Ipergay e PrEP On Demand (J.M.Molina, abs 886, e L.S.Teyssler, abs 887, Francia). Una proiezione basata su modelli matematici ha mostrato l’ampio successo di questa strategia (M.Morris, abs 875, USA) che comunque deve tenere in conto quali siano i soggetti che possono usufruirne positivamente.

Confermato l’insuccesso del gel vaginale e rettale contenente il nuovo Tenofovir (TAF) nella prevenzione: si dovrebbero usare dosaggi così elevati per ottenere una concentrazione efficace (K. Bunge, abs 871, USA).

Il modello predittivo del CDC (Center for Disease Control) ha fornito i dati sull’impatto che potrebbe avere sulla popolazione nordamericana il corretto uso della PrEP insieme all’espansione dei criteri per l’accesso al test e la terapia pienamente soppressiva (J. Mermin, USA, abs 52): in cinque anni si otterrebbe una riduzione di 48.000 nuove infezioni. Ricordiamo che negli USA una percentuale alta di pazienti in terapia non raggiunge la soppressione virale, probabilmente a causa dei limiti del sistema sanitario.

Lo studio di fase II HPTN 069/ACTG A5305 (Gulick R, abs 103) su 400 persone ha mostrato che i regimi contenenti maraviroc sono paragonabili (sicurezza e tollerabilità) a regimi con tenofovir/emtricitabina. L’incidenza delle nuove infezioni è stata dell’1,4%. Gli studi di fase III serviranno a valutarne l’efficacia. Confermati i problemi sulla concentrazione di tenofovir (TDF) se sostituito dal TAF (Garrett KL, 102LB) dato che la concentrazione di TAF nei tessuti è inferiore a quella del TDF. Inoltre, pur essendo migliori la funzione renale e la densità minerale ossea con la somministrazione di TAF (J.Gallant, USA, abs 29), sono stati riscontrati livelli di LDL e di colesterolo totale maggiori rispetto a quelli del TDF.

Terapie HIV a lento rilascio

Non essendovi nessuna novità riguardo il tema della cura per l’HIV (Towards the Cure), che ormai da anni aspetta una risposta, la panoramica sulla terapia antiretrovirale si è concentrata sulle molecole a lento rilascio o con emivita molto lunga. Obiettivo: terapie che, anche con la possibile applicazione di devices sottocutanei, siano somministrate una volta al mese o perfino ogni tre mesi (J. Eron, USA, sessione 16). Particolare attenzione suscitano gli inibitori di maturazione (ora in fase II, che mostrano una diminuzione di 1,5 log di HIV-RNA in monoterapia), gli inibitori di attacco e gli anticorpi monoclonali. Ogni decennio ha presentato grandi cambiamenti su concetti e strumenti terapeutici, ricorda Eron, e nel prossimo decennio queste prospettive saranno una realtà. Opzione vincente per superare i problemi logistici, soprattutto nei paesi africani.

Lo Studio LATTE 2 (Margolis DA, 31LB) ha dimostrato come la combinazione di cabotegravir e rilpivirina, assunti entrambi per via intramuscolare una volta ogni 4 o 8 settimane, ha mantenuto la soppressione virologica alla pari dell’assunzione quotidiana degli stessi farmaci (HIV RNA < 50 cp/mL rispettivamente: 94%, 95%, 91%). Buono il profilo di sicurezza e tollerabilità. I risultati a 32 settimane sono su 309 persone naïve, che hanno inizialmente assunto un regime orale di induzione abacavir/lamivudina + cabotegravir 30 mg/die. Coloro che hanno raggiunto la carica virale < 50 cp/mL sono stati successivamente randomizzati alla doppia terapia per via orale o per via intramuscolo. Riportati, inoltre, risultati promettenti, in fasi precoci di sviluppo, di altre molecole a lento rilascio: MK8591, inibitore della traslocazione della trascrittasi inversa (Jay A Grobler, abs 98) e BMS 986197, farmaco biologico ricombinate (Krystal M, abs 97).

Tumori

Da un’analisi dello Studio START (Borges AH, abs 160) emerge come le persone con HIV che iniziano la terapia con oltre 500 CD4 hanno un rischio più basso di sviluppare tumori infettivi rispetto a coloro che iniziano il trattamento con CD4 < 350. Il rischio è ridotto del 75%. Questa percentuale è dimezzata nel caso di tumori di origine non infettiva. Un altro studio caso-controllo su 121.000 donne (Silverberg MJ, abs 162) ha mostrato come lo “screening intenso” su tumore alla cervice è appropriato per persone con CD4 < 500 e per chi ha ricevuto un trapianto d’organo, ma non per più alti livelli di CD4 o persone in terapia immunosoppressiva.

HIV e cervello

E’ probabile che l’inizio precoce della terapia antiretrovirale riduca i disturbi neurocognitivi HIV associati (HAND), stimati in un 30-60% dei casi di persone che riferiscono problemi di memoria, concentrazione o soluzione di problemi semplici. Ma solo il 10% presenta virus a livello dell’SNC. Quando tali disturbi, viceversa, si presentano dopo anni di terapia efficace, possono essere attribuiti all’attivazione immunitaria cronica. A volte possono essere predittivi di malattia da Alzheimer o di dementia, ma la prevalenza non è superiore a quella della popolazione generale. In ogni caso la malattia neurocognitiva, causata da numerosi fattori (molti di essi si confondono con stati di ansia o depressione), rimane un fattore chiave visto l’allungamento dell’attesa di vita delle persone con HIV (Gisslén M, abs 60; Ances BM, abs 61; Swanstrom RI, abs 62; A Calcagno, abs 63).

La gestione delle complicanze neurocognitive potrebbe essere in futuro guidata dall’utilizzo di biomarcatori d’infiammazione – quale la pleiocitosi, presente nel fluido cerebrospinale (riscontrato nel 20% delle persone con CD4 <400) e la neopterina, presente nel sangue- e anche dall’utilizzo di differenti tecniche di immagine. Una volta compresa l’esatta causa del disturbo, si potrebbero ipotizzare interventi specifici anche terapeutici, come l’utilizzo di antiinfiammatori sistemici o selettivi.

 Nuovi farmaci HIV

Il non nucleosidico Doravirina, a somministrazione 100 mg una volta al dì, ha dimostrato efficacia viro-immunologica simile a quella di efavirenz (rispettivamente HIV RNA < 40 cp/mL: 77.8% vs 78.7%; guadagno di CD4: 195 vs 192), ma con un miglior profilo di tollerabilità. Lo studio a 48 settimane su pazienti naïve (Gatell JM, abs 470,) combina le molecole con tenofovir/emtricitabina. I risultati migliori si sono ottenuti nei pazienti con carica virale al basale < 100.000 cp/mL. Sono in corso studi di fase 3. L’inibitore d’ingresso BMS 663068, che si lega direttamente al virus e non alla cellula agendo così prima della fusione tra cellula e virus stesso, si è mostrato efficace e sicuro al dosaggio di 1200 mg QD, quando confrontato con atazanavir/r, entrambi combinati con tenofovir + raltegravir. In un complicato studio di fase II per la ricerca della dose ottimale, a 96 settimane l’HIV RNA < 40 cp/mL è stata del 90% nell’observed analysis, mentre il guadagno di CD4 è stata di oltre 200 cellule su 200 pazienti che hanno assunto il nuovo farmaco vs 50 con ATV/r (DeJesus E, abs 472).

Infezione con HCV

Un’ulteriore analisi dello studio TURQUOISE I (parte 1b) sui farmaci di Abbvie ombitasvir/paritaprevir/r + dasabuvir + ribavirina ha mostrato una efficacia del 100% (ossia di SVR 12, risposta virologica sostenuta a 12 settimane dalla fine del trattamento anti-HCV) in pazienti con genotipo 1, stabili per HIV e che assumono DRV/r QD o BID (Wyles DL, abs 574). Positivo l’esito di un’analisi ad hoc per comprendere meglio la sicurezza dei farmaci di Merck elbasvir e grazoprevir somministrati per 8, 12, 16, 18 settimane, con o senza ribavirina, sui genotipi 1, 4, e 6 in pazienti con o senza cirrosi (Sulkowski M, abs 576). Da un’analisi degli studi SAPPHIRE-II, le varianti virali associate alle resistenze al basale nel genotipo 1a non sono influenti per la positiva risposta terapeutica (SVR 12) ai farmaci ombitasvir/paritaprevir/r + dasabuvir. Stessa conclusione anche per il genotipo 1b, come rilevato da una analisi degli studi PEARL-II sugli stessi farmaci (Sulkowski M, 16LB). Sullo stesso tema, nello studio SYNERGY (Wilson M, abs 580) la combinazione ledipasvir/sofosbuvir si è mostrata sicura ed efficace per trattamenti superiori alle 4 settimane; inoltre, in aggiunta a ribavirina, la stessa combinazione si è mostrata efficace in pazienti in fallimento della stessa terapia senza ribavirina (Cooper CL, abs 573).

Per la prima volta, viste le conferme pervenute dai dati clinici degli ultimi due anni, si è iniziato a discutere sull’opportunità di guardare alla terapia HCV come profilassi biomedica nelle persone maggiormente a rischio di coinfezione o di reinfezione. Ma la realtà è che in Italia, dall’introduzione dei nuovi farmaci per l’HCV al 3 febbraio, sono state curate solo 3000 coinfetti, circa il 10% di coloro che ne hanno bisogno.