COVID 19 e HIV

Nadir condivide la lettera inviata dai medici al Ministro della Salute, di cui riportiamo alcuni brani.

Inoltre sottolinea che in presenza di infiammazione cronica associata al danno immunitario da HIV, diventa ancora più urgente l’intervento indicato per prevenire un’ulteriore cascata infiammatoria nelle persone sieropositive. Urgenza che deve essere oggetto di misure programmatiche ed attuative specifiche prima dell’entrata in vigore della FASE II, ove si potrebbe verificare una maggiore esposizione al COVID 19.

 Lettera inviata il 18 aprile da 10 mila medici al ministro della Salute, Roberto Speranza, ai governatori di tutte le regioni, al presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici.

«Siamo un gruppo di circa 10.000 medici, di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri sparsi per tutta Italia, nato in occasione di questa epidemia, che da quasi 2 mesi ormai, sta scambiando informazioni sull’insorgenza della malattia causata dal Coronavirus, sul come contenerla, sul come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla. Siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni:

i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione.

Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale, si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l’iperstimolazione di citochine, che diventano tossiche per l’organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti. I vari appelli finora promossi da vari Organismi e Organizzazioni sindacali, che noi abbiamo condiviso appieno, sono stati rivolti a chiedere i tamponi per il personale sanitario, a chiedere i dispositivi di sicurezza per tutti gli operatori, che spesso hanno sacrificato la loro vita, pur di dare una risposta ai pazienti, non si sono tirati indietro, nessuno. Proprio per non vanificare l’abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai dispositivi di Protezione e ai tamponi, chiediamo di rafforzare il Territorio, vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità di attivare squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 Marzo, definite Usca, unità speciale di continuità assistenziale”.