Vescovo omosessuale, anglicani allo scisma

Il reverendo Gene Robinson eletto vescovo del New Hampshire dal sinodo episcopale americano è il primo vescovo apertamente gay della chiesa episcopale americana. Da 13 anni ha una relazione pubblica con un uomo. Ma metà della chiesa anglicana mondiale si ribella. E i vescovi conservatori americani puntano alla rottura.«Giorni difficili sono davanti alla nostra chiesa», dice l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, leader spirituale della vasta comunità anglicana mondiale. E invero questi giorni difficili sembrano già cominciati, a poche ore dall’elezione del rev. Gene Robinson al soglio vescovile del New Hampshire da parte del sinodo episcopale americano. Il primo vescovo omosessuale nella storia della Chiesa episcopale – la branca Usa della chiesa anglicana – non è infatti accettato da parti importanti della comunità anglicana mondiale e potrebbe diventare la «pietra dello scandalo» per uno scisma. Il reverendo Robinson è stato eletto martedì sera, con 62 voti contro 45, dopo che la votazione era stata rinviata in extremis il giorno prima per chiarire la sua posizione di fronte alle reiterate accuse – provenienti dai settori più conservatori dell’episcopato – di molestie sessuali e pornografia. E’ stato mons. Gordon Scruton, vescovo del Massachusetts incaricato di indagare su tali accuse, a riferire al sinodo le conclusioni della sua inchiesta, che di fatto assolvono pienamente Robinson. Subito dopo i vescovi si sono pronunciati, confermando l’elezione. Robinson, che da 13 anni ha una relazione aperta con un uomo (la chiesa anglicana non impone la castità ai sacerdoti) dopo il voto ha dichiarato di sentirsi «avvolto nell’amore»; ha aggiunto di condividere le preoccupazioni dell’arcivescovo di Canterbury circa i «giorni difficili» che attendono la chiesa, ma di avere piena fiducia nelle capacità di Rowan Williams di venirne a capo.

Malesseri invero assai seri: il vescovo di Pittsburgh Robert Duncan, che guida la fronda tradizionalista e conservatrice, ha detto di sentirsi «pieno di dolore come tanti altri vescovi» nel vedere «la Chiesa episcopale separarsi da milioni di anglicani in tutto il mondo»; si parla apertamente di creare un nuovo sinodo episcopale per il nordamerica, mentre altri vescovi hanno fatto sapere di voler tenere al più presto una riunione di «dissidenti», comprendente soprattutto rappresentanti delle chiese africane, asiatiche e latinoamericane. Nella stessa chiesa episcopale statunitense, in questi giorni riunita a Minneapolis per la sua convention, la spaccatura ha già portato a un clamoroso ritiro dall’assemblea di un folto gruppo di rappresentanti conservatori (legati all’American anglican Council), che in un’atmosfera caotica si sono riservati di decidere il da farsi nei prossimi giorni. Uno scisma negli Usa comporterebbe tra l’altro non secondarie conseguenze sul piano finanziario e fiscale, dato il consistente patrimonio di quella chiesa.

Quel che è certo è che l’arcivescovo di Canterbury – di per sé una personalità considerata abbastanza progressista e aperta, ricordiamo le sue prese di posizione contro il governo britannico prima della guerra del Golfo – adesso avrà il suo bel daffare per tenere insieme una comunità ecclesiale molto eterogenea e arrivata a quanto pare ai limiti della rottura. Da una parte la maggioranza dei vescovi nordamericani (Usa e Canada) e la maggioranza di quelli della «madrepatria» britannica – dove già all’inizio dell’estate c’era stato il caso del vescovo di Reading, Jeffrey John, omosessuale dichiarato dimessosi prima della nomina ufficiale per evitare spaccature come quelle che stanno per avvenire ora. Dall’altra la quasi totalità dei vescovi africani – e in Africa vive quasi metà degli anglicani del mondo – latinoamericani e asiatici, più consistenti minoranze nel Regno unito e negli Usa.

Già quest’anno i rappresentanti della chiesa anglicana della Nigeria (la comunità nazionale più importante dopo quella britannica) avevano deciso di rompere i rapporti con una diocesi canadese dopo che questa aveva deciso di riconoscere e santificare i matrimoni anche tra persone dello stesso sesso. Ora la presenza di un vescovo dichiaratamente omosessuale e con una relazione aperta con un uomo – il che prelude evidentemente a una prossima accettazione del matrimonio omosessuale anche per i sacerdoti – sembra rappresentare un passo inaccettabile per questi vescovi.

Sui quali, tra l’altro, pesa probabilmente anche la pressione esterna del Vaticano. La chiesa cattolica vede proprio nelle questioni legate al sesso (sacerdozio femminile, castità dei sacerdoti e, a maggior ragione, omosessualità) il maggiore ostacolo a un riavvicinamento ecumenico con la chiesa anglicana; in questi frangenti, potrebbe esserci in alcuni settori della chiesa anglicana la tentazione di condurre «in proprio» questo riavvicinamento.