RALTEGRAVIR + LOPINAVIR/R A 96 SETTIMANE: RISULTATI DELLO STUDIO PROGRESS

Lo studio Progress è il primo randomizzato, multicentrico, in aperto, che dimostra la non inferiorità di un regime a due farmaci che contempla un inibitore delle proteasi potenziato con ritonavir (IP/r) + un inibitore dell’integrasi (raltegravir) versus un regime standard triplice IP/r + 2 N(t)RTI (tenofovir/emtricitabina) nel paziente in esordio di terapia (naive).

La disponibilità di nuove molecole che colpiscono HIV attraverso nuovi meccanismi d’azione e gli elevati livelli di potenza degli attuali farmaci antiretrovirali, hanno stimolato la comunità scientifica ad ipotizzare strategie di trattamento che non rispettino il “dogma” dei tre farmaci, per costruire il “cocktail terapeutico”.

In particolare questi nuovi paradigmi di trattamento puntano a ridurre, parzialmente o totalmente, il numero degli inibitori nucleosidici/nucleotidici della trascrittasi inversa, che tradizionalmente costituiscono 2 dei 3 farmaci della “triplice”, con il potenziale beneficio di ridurre le tossicità di lungo termine ad essi correlati, come danno mitocondriale, alterazioni del metabolismo osseo, tossicità renale e lipodistrofia.
Tuttavia solo dai risultati di studi randomizzati che confrontino questi nuovi paradigmi con lo standard di cura a tre farmaci, sarà possibile capire se queste ipotesi di trattamento sono praticabili e in quali ambiti del percorso terapeutico è opportuno collocarli.

Tra gli studi in corso, lo studio Progress è il primo randomizzato, multicentrico, in aperto, che dimostra la non inferiorità di un regime che contempla un inibitore delle proteasi potenziato con ritonavir (IP/r) + un inibitore dell’integrasi (raltegravir) versus un regime triplice IP/r + 2 N(t)RTI (tenofovir/emtricitabina) nel paziente in esordio di terapia (naive). Ha messo a confronto su 206 pazienti le combinazioni lopinavir/r (400/100 mg BID) + raltegravir (400 mg BID) versus lopinavir/r (400/100 mg BID) + tenofovir/emtricitabina (300/200 mg QD).

I risultati a 48 settimane erano già stati presentati in passato. Sono ora disponibili i risultati a 96 settimane (2 anni) che, di fatto, hanno sancito la non inferiorità tra le due strategie. Non sono emerse differenze statisticamente significative in nessun parametro che solitamente si prende in considerazione: caratteristiche demografiche, caratteristiche cliniche. Nessuna differenza nemmeno tra i pazienti che hanno dovuto interrompere il regime terapeutico in entrambi i gruppi per qualunque causa (rispettivamente 19 versus 15), di cui solo 3 per fallimento virologico (rispettivamente 1 paziente e 2 pazienti). Dal punto di vista virologico, la percentuale di pazienti che hanno raggiunto livelli di viremia < 40 copie/ml sono state 66.3% nel braccio “dual therapy” versus 68.6% nel braccio triplice nell’analisi ITT FDA-TLOVR; mentre 88,9% versus 85,2%, nell’analisi OD. Guadagno dei CD4: 281 versus 296. Cambiamento dei lipidi: equivalente. Osservate anche una minore incidenza di diarrea di grado moderato-severo nel braccio dual (7,9% vs 16,2%) e una minor percentuale di pazienti con riduzione della creatinina clearance <50 ml/min: 1,0% dual e 3,8% triplice. Equivalenti i livelli di aderenza, misurati con analisi MEMS.

I risultati sono stati presentati al XV Congresso Panamericano De Infectivologia, svoltosi a Punta del Este, Uruguay, nei giorni 7-11 Aprile scorsi.