La scienza aperta

La scienza moderna nasce con la meccanica di Galielo e Newton. Due sono gli aspetti che la caratterizzano: la matematizzazione del fenomeno naturale e la dimensione sperimentale. Entrambi definiscono la scienza moderna come uno spazio aperto della conoscenza. Da LaserSe la matematica, seguendo le parole di Galileo, la conosciamo bene come Dio, allora le deduzioni delle leggi sono accessibili a tutti e da tutti verficabili. Il campo della matematizzazione e’ dunque un campo aperto per l’ispezione della natura. Analogo carattere ha la dimensione sperimentale, su cui si fonda il principio di riproducibilita’: date le stesse condizioni un esperimento deve essere riproducibile. Coerentemente con queste fondamenta, la scienza si e’ costruita nel tempo, seguendo il confronto dentro la comunita’ scientifica. Strumento di questo confronto e’ stata la letteratura scientifica, congressi, workshop. Tuttavia, non occorre dimenticare che l’attivita’ di ricerca non e’ isolata dal contesto storico, lo plasma e ne viene plasmata. In questa relazione non puo’ essere dimenticato che la scienza, assumendo un ruolo centrale nelle societa’ moderne, ha dovuto fare i conti con le pressioni del potere. In particolare quello militare e quello economico che spesso ne hanno deformato il carattere aperto. Oggi viviamo una nuova fase in cui l’introduzione esasperata del brevetto e del copyright rischiano di introdurre una nuova degenerazione della comunita’ scientifica, dei suoi tempi di ricerca e dell’accessibilita’ al sapere prodotto.

Il doppio binario

Il problema dell’accessibilita’ non e’ chiaramente legato solo al brevetto. Esistono forme di segretamento della conoscenza differenti. Da quelle piu’ evidenti come il segreto militare o il segreto industriale, a quelle meno evidenti come la disponibilita’ a pagamento delle riviste o delle tecnologie sperimentali che selezionano, in base alle possibilita’ economiche, l’accesso allo sviluppo della conoscenza in determinate discipline. Concentriamoci un momento sulla questione del segreto militare e industriale proponendo una storicizzazione dell’attivita’ di ricerca del novecento. Durante la seconda guerra mondiale nasce la Big-Science, figlia dei progetti mastodontici finalizzati alla realizzazione della bomba atomica e alla sintesi chimica della penicillina. Nasce in USA, e si estende nel dopoguerra in Europa e Giappone (seppur qui in forme differenti). La Big-Science si basa sui grandi laboratori finanziati da ingenti capitali. La maggior parte di questi finanziamenti erano legati a progetti militari. Tuttavia, molti soldi supportavano anche la ricerca di base pubblica. Mentre la ricerca militare risultava segreta nello spirito della competizione della guerra fredda e della sicurezza nazionale, la ricerca di base pubblica legittimava lo sforzo dei finanziamenti bellici. I grandi laboratori, noti per le attivita’ di ricerca belliche, divennero durante il dopoguerra anche centri di eccellenza per la ricerca di base. Livermore e Los Alamos in USA, il C.E.A. in Francia. Il doppio carattere di questi laboratori non si basava solo su una esigenza pubblicitaria’. Si fondava anche su una visione del fall out tecnologico: l’innovazione scientifica e’ una conseguenza non predeterminata di conoscenze spesso autonomamente costruite. Finanziare la ricerca di base, rappresenta un finanziamento a lungo termine per le esigenze tecnologiche, sia belliche che industriali. Seguendo questo spirito anche le grandi industrie hanno finanziato la ricerca di base, costruendo centri di ricerca importanti: pensiamo ad esempio ai Bell Laboratories o ai centri ricerca dell’IBM. La filosofia del doppio binario ha sostenuto la lunga modernizzazione del dopoguerra. Era l’epoca fordista della ricerca scientifica, basata sullo sfruttamento nel tempo della conoscenza.

Il mondo al silicio

Una rottura epocale di questa impostazione si e’ avuta a partire dagli anni ’70. E’ la conseguenza dell’introduzione delle tecnologie elettroniche ed informatiche. Queste tecnologie hanno mutato il valore della variabile tempo dell’attivita’ di ricerca e dell’applicazione tecnologica. Lo scambio rapido delle informazioni e la loro integrazione orizzontale, caratteristiche tipiche del mondo al silicio (sia nella sua dimensione di ricerca sia nella sua dimensione applicativa), si sono esportate al mondo produttivo prima e della ricerca poi. L’accellerazione della produzione ha imposto dunque nuovi ritmi alla ricerca. Quello che si cercava di sfruttare finanziando massivamente la ricerca di base interna a lungo termine, si e’ iniziato a cercarlo integrando le conoscenze esterne. L’integrazione di queste conoscenze e’ stata resa possibile definendo lo spazio del mercato come spazio di scambio dell’informazione. E l’accesso allo spazio del mercato e’ stato mediato dall’introduzione massiccia del brevetto nel mondo della conoscenza.

Brevetti e finanza

Il mondo della ricerca ha assunto il nuovo dogma. Tutto quello che puo’ essere commercializzato va brevettato. E tramite questa logica e’ nato un nuovo modello di ricerca: l’imprenditoria scientifica. Il ricercatore scientifico ha fatto del brevetto lo strumento per chiedere finanziamenti al mercato, tramite il capitale di rischio, nella promessa di una possibile applicazione tecnologica della scoperta. Il meccanismo si e’ basato su un gioco a rialzo, sostenuto dai prodigi della rete e dal sogno di un mondo tecnologico. Questa piccola rivoluzione ha impattato tutto il mondo della ricerca. Le universita’ si sono attrezzate per sostenere il brevettamento delle conoscenze e l’apertura di imprese scinetifiche. Anche i colossi della Big-Science tradizionale hanno fiutato l’aria: i Bell Laboratories e i centri di ricerca IBM hanno ridotto le ricerche di base del 50% inseguendo la new-economy scientifica. Sono nati i distretti tecnologici, sostenuti dai parchi scientifici, seguendo l’esempio prodigioso della Silicon Valley.

La distorsione

Quali sono stati gli effetti di questa nuova corsa all’oro? Il primo e’ legato al finanziamento della ricerca pubblica di base. Perdendo fascino il vecchio adagio del finanziamento a lungo termine, tutti hanno cercato di reindirizzare le proprie ricerche nei settori trainanti del mercato. Qualche anno fa erano ad esempio le tecnologie di rete. La crisi della new-economy ha fatto si che lo sbilanciamento verso questi settori si sia tradotto in crisi dell’attivita’ di ricerca. E’ esemplerare ad esempio la parabola dei Bells Laboratories. La corsa all’oro ha mascherato il fatto, che il grande slancio innovativo delle nuove tecnologie, si basava in realta’, sulle strutture storiche della ricerca pubblica. Ad esempio le universita’. La sola struttura impresa-brevetto-finanza rischia di bruciare ed esaurire le fonti stessa dell’innovazione scientifico-tecnologica. Il perverso vortice si puo’ tradurre in: brevettiamo il brevettabile e tagliamo la ricerca di base, il mercato ci da i soldi. Ma piu’ viene esteso il brevetto, meno la circolazione del sapere alimenta la ricerca e l’innovazione futura. Il brevetto folle degli ultimi anni rischia dunque di esaurire la sua stessa fonte: il sapere. Il secondo tocca il problema della circolazione dell’informazione. Il brevetto conduce infatti a segretare il dato scientifico, che da elemento di confronto e crescita della comunita’ scientifica diviene merce di scambio. L’anno scorso si e’ prodotto un paradosso fastidioso quando la Sygenta pubblico’ su Science la notizia di aver terminato il sequenziamento di una certa qualita’ di riso. Purtroppo l’articolo non conteneva alcun dato. Per accedere ai dati del sequenziamento occorreva pagare. Due anni fa, circa, lo stesso rischio l’ha corso il patrimonio genetico umano, quando la Celera di Mr.Venter dichiaro’ di voler porre sotto brevetto le informazione ottenute dal sequenziamento. Sono dovuti scendere i campo Clinton e Blair, quanto meno per preservare gli sforzi finanziari fatti in 10 anni di Progetto Genoma dai propri stati. Ma la faccenda si sta estendendo pericolosamente ai programmi di analisi delle sequenze genetiche, all’eccesso dei data bases. Per non parlare del peso economico che nel campo della biologia molecolare inizia ad avere il brevetto su sequenza geniche utili per la ricerca stessa. Il terzo chiama in causa la trasformazione della comunicazione scientifica. Le riviste scientifiche diventano sempre piu’ una sorta di spazio pubblicitario per scoperte. Vittime sono sopratutto i grandi LOGHI, come Nature e Science ormai persi dentro una competizione a chi la dice piu’ grossa. Lo scandalo Schon ( per info www.lucent.com/news_events/researchreview.html dovrebbe insegare qualche cosa sulla scarsa capacita’ di controllo delle riviste di punta. Poiche’ lo spazio pubblico del dibattito scientifico e’ slittato verso lo spazio pubblicitario, non rari sono gli esempi in cui la letteratura scientifica e’ saltata a pie’ pari. I ricercatori bucano lo schermo dei media, con notizie sensazionali il cui unico effetto, e’ quello di dare una spintarella alle azioni di borsa di qualche start-up. Il gioco mediatico ormai sembra essere uno strumento decisivo per l’affermazione dei progetti di ricerca. Mr Venter e’ una star in proposito. D’altro canto non ce ne possiamo meravigliare visto che annualmente i fondi per certe ricerche sono elemosinate con trasmissioni televisive. Infine il brevetto rappresenta un conflitto di finalita’. Esistono campi, specialmente quello sanitario in cui la presenza dei brevetti rappresenta un limite al benessere sociale. Lo scandalo di Big-Pharma che intento’ contro il Sud-Africa una causa giudiziare, per aver importato farmaci generici contro l’AIDS, ha rappresentato il campanello di allarme. Quest’anno l’Istituto Curie si e’ opposta alla richiesta di brevetto da parte della Myriad Genetics di un certo marcatore genetico che serve per diagnosticare il tumore al seno delle donne.

11 Settembre

Qualcosa tuttavia nel meccanismo della corsa all’oro si e’ rotto. Qualcuno ha detto dopo l’11 settembre: “nulla sara’ come prima”. Anche la ricerca scientifica sembra seguire lo slogan. Vis-a’-vis della crisi finanziaria che ha tramortito la new-economy negli ultimi 2 anni anche il circuito dell’imprenditoria scientifica ha perso ossigeno. Gli Stati Uniti sembrano voler rispondere a questa crisi rispolverando il vecchio strumento del keynesismo tecnologico, finanziando in modo spropositato il circuito militare e linkando ad esso i prodotti dell’imprenditoria scientifica. L’incubo Bioterrorismo ha sussunto parte dell’arcipelago biotecnologico. Lo spirito del controllo quello dell’industria elettronica informatica. La stessa editoria scientifica fa i conti con lo spirito del tempo rispolverando l’autocensura. Le ricerche scientifiche in campi particolari potrebbero non trovare mai lo spazio editoriale per motivi di sicurezza nazionale. Questo deleghera di fatto i laboratori militari, o ad essi connessi, la ricerca in determinati settori. In USA dunque, la crisi ha avuto come effetto di concentrare in grossi monopoli le conoscenze che avevano sostenuto la fluida imprenditoria scientifica e allo stesso tempo ricollocare dentro il keynesismo militare le realta’ piu’ innovative. In Europa, la crisi, e’ giunta in un momento delicato. Mentre lo spazio della ricerca europea si sta faticosamente costruendo. In questi giorni a Parigi si e’ svolto un incontro per delineare le linee guida dello spazio della ricerca europea. Due diverse strategie si confrontano. Da un lato c’e’ chi spinge per uno spaizio europeo della ricerca di base, che sposti a livello continentale lo spirito della ricerca pubblica nazionale, mantenendo aperti tutti i canali di ricerca. Per altri gli sforzi finanziari dell’Europa devono focalizzarsi su domini specifici (nanotecnologie e biotecnologie), per garantire la competizione con la ricerca statunitense e giapponese. In Europa il fossato e’ aperto con uno spettro sempre piu’ forte alle spalle: i singoli stati infatti riducono sempre piu’ i finanziamenti alla ricerca pubblica.

Vocazione scientifica

La crisi attraversata dal mondo della ricerca va letta non solo con i numeri dei finanziamenti, dei brevetti o delle azioni in borsa. Nello scenario occorre tener conto di una altra variabile: la soggettivita’ del ricercatore. La forte precarieta’ mal pagata (sopratutto in Europa) che il mondo della ricerca ha introdotto come status lavorativo, ha creato una sorta di emoraggia. Dal mondo della ricerca tutti scappano. Lo schift verso la ricerca-business non ha facilitato le cose. E’ vero che per un certo periodo, l’imprenditoria scientifica ha rappresentato un approdo anche per i giovani ricercatori. Ma il tasso di mortalita’ di queste realta’ mal si e’ coniugato con la necessita’ di stabilizzare il personale di ricerca. La quantita’ di borse post-dottorali che negli ultimi anni vanno in fumo e’ molto alto, in Europa quanto in USA. Inoltre ,e’ storicamente verificato che l’accesso ai cicli formativi scientifici nei paesi sviluppati e’ crollato. Nessuno fa le scienze hard. Forse, una ragione e’ anche legata al deterioramento che la ricerca scientifica ha vissuto negli ultimi anni. Mal pagata. Mal strutturata. Senza progetti. Una specie di circo comunicativo. Solo gli USA riescono a fare fronte alla crisi, grazie alla grossa disponibilita’ di soldi che rappresenta una attrazione per gli studenti provenienti da altri paesi , Europei e Asiatici sopratutto.

Sottrazione

Le risposte alla crisi, concentramento di conoscenza e sua segretazione, vanno smontate. La dove possibile. Esistono degli esempi che possono essere seguiti. Come nell’informatica l’opzione del free software ha garantito un sviluppo libertario della conoscenza, anche il mondo della ricerca deve iniziare a fare i conti con tale opzione. Il lavoro e’ evidentemente delicato ma allo stesso tempo esistono le condizioni per una esportazione dell’open culture e la costruzione di un nuovo spirito pubblico per la ricerca scientifica. L’impatto sempre piu’ forte che l’informatica ha avuto sulla ricerca scientifica ne e’ il grimaldello. Da qualche tempo va di moda parlare di e-science, ovvero l’insieme di ricerche che si basano sul uso massiccio degli strumenti informatici: archiviazione dati, ricerca on line, simulazioni. Questo ambiente e’ di per se favorevole perche’ lo spirito dell’open science sia rilanciato. A dir il vero questo e’ gia sucesso. Il porgetto genoma e’ pubblico grazie al lavoro informatico che ha garantito il sequenziamento, l’archiviazione e l’accessibilita’ delle informazioni. La bioinformatica e la proteonomica sfruttano intensivamente programmi free. IBM ha deciso di basare le nuove macchine parallele su sistemi aperti come Linux e di sponsorizzare la cultura open nel dominio della bioinformatica. Il mondo delle simulazioni molecolari ha risposto ai codici a pagamento con una serie di codici free. Nei centri di ricerca come il CECAM (Centro Europeo di Calcolo) si organizzano work-shop per sostenere lo sviluppo dei codici Open Source. La nuova potenza di calcolo dei PC permette sia di assemblare cluster a prezzi ridotti sfruttando sistemi liberi, sia di avere macchine sufficientemente potenti con cui lavorare in ambiente Linux in locale. Paradossalmente, lo sviluppo parallelo dell’imprenditoria informatica e biotecnologica e la loro convergenza ha posto le basi per una estensione della cultura libertaria. Inoltre il mondo dei laboratori inizia a svivolare sotto i lacciuli dei brevettie copyright che rallenterebbero la ricerca o la renderebbero sempre piu’ onerosa. Le pratiche di aggiramento silenzioso e’ all’ordine del giorno. Articoli si fotocopiano e si faxano agli amici la cui biblioteca non ha i soldi per abbonarsi. I softwares si passano senza troppi problemi. Qualcuno prova a controllare, ma la filosofia e’: far rispettare tutto e’ impossibile e troppo oneroso. Tuttavia qualcosa in piu’ deve essere immaginato. Occorre estendere il ragionamento oltre il recinto del dato informatico, la cui fluidita facilita’ le cose. L’orizzonte delle tecnologie molecolari sembra allettare gli appettiti industriali per il futuro. Immaginare una forma per mantenere libero e accessibile l’arcipelago di tali future conoscenze e’ importante, perche’ entreranno direttamente nella vita quotidiana. L’universita’, il mondo della ricerca, e gli studenti dovrebbero farna un cavallo di battaglia. Ogni universita’ dovrebbe aprire uno laboratorio per studiare una forma di licenza GPL estendibile alle conoscenze scientifiche e tecnologiche. In Europa , questo rappresenterebbe lo stimolo alla costruzione di un nuovo spazio pubblico della ricerca. Garantirebbe tra l’altro una rapida capacita’ innovativa anche dal punto di vista commerciale, rivoluzionando il concetto di trasfert tecnologico, accellerando la circolazione dell’informazione e la sua connessione. Il futuro e’ alle porte, facciamolo diventare un colosseo tutto aperto. Infine, una certa attenzione va rivolta alla comunicazione scientifica. Ammesso che il circuito della pubblicistica ritorni ad essere lo spazio per accedere alle informazioni, gli alti prezzi che comporta accedervi , rischiano di selezionare ad un altro livello l’accesso alla conoscenza. E questo gia’ il caso dei centri di ricerca dei paesi meno ricchi che non possano permettersi gli onerosi abbonamenti alla letteratura scientifica. Anche in tal senso qualche esempio reattivo esiste. Qualche anno fa ricercatori di tutto il mondo sottoscrivevano una lettera per spingere Nature a rendere accessibili on-line, dopo un tempo ragionevole, gli articoli pubblicati (www.publiclibraryofscience.org). Molti ricercatori inoltre mettono a disposizione in archivi pubblici i propri lavori, prima di sottometterli alle riviste. La questione pero’ non riguarda solo la vetrina on-line delle grandi riviste. Spesso gli articoli con cui si costruisce la ricerca sono pubblicati in riviste di settore. Il ruolo monopolistico delle case editrice sembra imponente. Tanto che qualche giorno fa Elsevier, dichiarava gongolando, di aver enormemente aumentato i propri introiti in un momento di crisi e recessione economica. L’ipotesi P2P potrebbe essere una ipotesi vincente, ricoagulando intorno allo scambio orizzontale degli articoli la comunita scientifica. Sono questi esempi, per ricostruire il concetto di ricerca pubblica, martoriato e sbeffeggiato dal segreto militare e dai brevetti, e che non puo’ far piu leva esclusivamente sui modelli fordisti dello stato nazione.