Appello per la ricerca medica europea

Millecinquecento ricercatori medici di tutti i paesi europei hanno lanciato un appello affinché non entri in vigore la nuova direttiva europea 2001/20, sulla “buona pratica clinica”. Secondo i ricercatori, infatti, l’implementazione di questa normativa si tradurrà nel rendere impossibile la sperimentazione e i trial clinici nelle università e nelle strutture pubbliche. La direttiva impone che lo sponsor della sperimentazione si prenda tutta la responsabilità legale e finanziaria per la sperimentazione stessa, pagando anche per i farmaci e i congegni usati nel trial. Quindi, una sperimentazione condotta da un’università richiede che l’università stessa e non il Servizio sanitario nazionale paghi per le medicine usate, anche nel caso in cui siano ancora del tutto sperimentali.

Secondo i firmatari dell’appello, questo renderà insostenibili i costi delle sperimentazioni per le strutture pubbliche o per le fondazioni e renderà impossibile condurre i trial ad altre strutture che non siano le compagnie farmaceutiche. E questo causerà gravi danni, dato che i trial delle strutture pubbliche generalmente tendono a valutare nuovi approcci farmaceutici per le medicine già in commercio, o puntano a capire in che modo si possano massimizzare i loro effetti benefici. Secondo i firmatari, l’effetto della direttiva (che dovrebbe entrare in vigore il prossimo mese di maggio) sarà dunque quello di rendere l’Europa un luogo molto meno attraente per i trial clinici e rendere questi ultimi esclusivo appannaggio delle compagnie farmaceutiche.

In Italia, l’appello è stato firmato già da 106 ricercatori, tra cui Demetrio Neri, bioetico dell’Università di Messina e membro del Comitato nazionale di bioetica. Secondo Neri, la nuova direttiva UE sulla ricerca “facendo una battuta, sembra essere scritta apposta per le case farmaceutiche. Perfino se un medico vuole provare gli effetti della somministrazione di mezza pillola invece che di una dovrebbe sottoporsi a un vero e proprio calvario burocratico”. È possibile firmare al sito www.saveeuropeanresearch.org.