Un «ritocco» stupefacente

Berlusconi verso la creazione di un ministero ad hoc «per la droga», guidato da Alfredo Mantovano.

Ci sono uno zar antidroga e un ministero ad hoc nel «ritocco» alla squadra di governo annunciato per settembre da Berlusconi. Entrambi targati Alleanza nazionale. Il primo ha già un nome messo nero su bianco. Si chiama Nicola Carlesi ed è un ex deputato abruzzese di An non rieletto. Il decreto che ne renderà operative le funzioni è stato scritto insieme ai leader della comunità di San Patrignano e sarà approvato senza grossi clamori nel prossimo consiglio dei ministri. Il secondo non è ancora ufficiale, ma voci insistenti parlano di Alfredo Mantovano, attuale sottosegretario di An. Ad avvalorare la creazione di un ministero ad hoc «della droga» (denunciata ieri anche da Redattore sociale, l’agenzia di stampa del Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) è proprio il decreto attuativo del Dipartimento nazionale antidroga, già istituito con la finanziaria 2003. Il testo è passato per le mani di pochi. Nell’ordine lo stesso Carlesi, e poi Andrea Fantoma, medico sociale e componente dell’Osservatorio italiano per la verifica del fenomeno delle droghe (Oidt), Andrea Muccioli e Francesco Vismara, che è come dire la stessa persona in quanto l’uno è leader della comunità di San Patrignano e l’altro suo supplente nella Commissione nazionale tossicodipendenze al ministero del Welfare. Pare certo, infatti, che a collaborare alla stesura del regolamento, che dovrebbe essere licenziato dal governo agli inizi di settembre, abbiano provveduto anche i capi della comunità privata che sta tanto a cuore al ministro dell’istruzione Letizia Brichetto Moratti.

Uno scandalo, per le altre organizzazioni del privato sociale, anche per quelle più vicine alla linea del governo. Ma non è questo il punto. Quel che è parso curioso a chi ha potuto visionare quel testo è quel riferimento a chi dovrebbe far capo il dipartimento in questione: il «presidente del consiglio» o un «altro ministro». Chi sarebbe quest’«altro ministro», se finora a seguire la vicenda è stato il vicepremier Gianfranco Fini, che firma anche il progetto di legge che sarà calendarizzato in parlamento a settembre? Voci di corridoio parlano della creazione di un ministero ad hoc, senza portafoglio, e che accorperebbe le competenze degli altri ministeri interessati, fatta eccezione per quello dell’istruzione. Il nome che circola con insistenza è appunto quello di Mantovano, una mossa che consentirebbe di trovare una collocazione al sottosegretario di An, cui è stata tolta la delega all’immigrazione e che dalla sua ha anche il fatto di aver collaborato alla stesura e alla presentazione della legge Fini. E che segnerebbe un vero e proprio monopolio di An sulla materia, che vanterebbe così un ministro e lo zar italiano antidroga, cui il regolamento conferisce il coordinamento di quattro direzioni generali, articolate in una decina di uffici diversi, che si occuperebbero della riabilitazione come dei progetti pubblici e privati da finanziare. Tra i nomi che circolano sulle poltrone da direttore generale da assegnare ci sono quelli di Andrea Fantoma e di Mariano Martone, ingegnere, a capo della direzione droghe e alcol del ministero del Welfare, e anche questo è un segnale di uno spostamento di competenze.

Indipendentemente dalla creazione di un ministero ad hoc, ipotesi ancora soggetta alle turbolenze della maggioranza e alla quale lo stesso regolamento lascia una via di fuga quando parla della possibilità di delega al presidente del consiglio, il progetto di accentramento delle competenze è chiaro. Il Dipartimento è inserito anche nel disegno di legge Fini ed è citato nel piano quinquennale del governo.

Sono bastati tre anni di governo Berlusconi a fare piazza pulita di tutto ciò che avesse a che fare, sia pur lontanamente, con politiche di riduzione del danno o comunque considerate «di sinistra». A partire dal fatto che l’ultima Conferenza nazionale sulle droghe risale ormai a quattro anni fa, quando fu convocata a Genova dall’allora ministro Livia Turco. Anche la Consulta per le tossicodipendenze, unico momento di confronto tra istituzioni e operatori, ha visto sostituiti praticamente tutti e 70 i suoi componenti, a partire da Vittorio Agnoletto, espulso dal ministro del Welfare Maroni dopo il G8 di Genova. E ciononostante si è riunito finora solo una volta nel marzo del 2003. Poi null’altro, se si esclude l’«invito», che alcuni membri della Consulta definiscono come una «cooptazione», a partecipare a una conferenza organizzata dal ministero a Cagliari.