I «non allineati» dei farmaci

Un gruppo di otto paesi ha deciso di lanciare una strategia comune per controbilanciare le posizioni dei paesi ricchi nel dibattito internazionale sui farmaci.Il problema è quello, annoso, del sistema dei brevetti che «droga» il prezzo dei farmaci, fino a renderli troppo costosi per i sistemi sanitari (e i pazienti) dei paesi del Sud del mondo. La notizia è che un gruppo di otto paesi ha deciso di lanciare una strategia comune per controbilanciare le posizioni dei paesi ricchi nel dibattito internazionale sui farmaci. Si tratta di Brasile, India, Cina, Thailandia, Sudafrica, Russia Nigeria e Uganda: durante l’ultima assemblea generale dell’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), la settimana scorsa a Ginevra, i rispettivi ministri della sanità hanno deciso di formare un gruppo per la lotta all’Aids. Stanno preparando una dichiarazione congiunta, da diffondere al prossimo Congresso Mondiale sull’Aids, a Bangkok (Thailandia) in luglio. Il ministro brasiliano della sanità, Humberto Costa, ha spiegato che insieme, gli otto paesi «possono far sentire la propria voce nell’elaborazione di una politica mondiale di lotta all’Aids» – leggiamo in una nota di stampa brasiliana fatta circolare da Medici senza Frontiere.

Le idee di fondo sono circolate durante quel primo incontro a Ginevra: gli otto paesi vogliono lanciare una strategia per creare una nuova generazione di persone libere dall’Aids, che significa non solo curare ma lanciare campagne di prevenzione per fermare la diffusione del virus Hiv – dunque garantire l’accesso a farmaci e a cure preventive. Gli otto paesi vogliono avviare uno scambio di informazioni sulle strategia di cura all’Aids, mettere in cantiere iniziative di cooperazione tecnica, e soprattutto muoversi in modo coordinato nel caso di rottura del brevetto di un farmaco prodotto da una azienda farmaceutoca multinazionale.

La questione è molto concreta. I farmaci antiretrovirali hanno ormai allungato e reso meno penosa la vita dei malati di Aids nel mondo ricco, ma restano fuori portata per gran parte del resto del mondo, e il motivo principale è che coperti da brevetto hanno costi proibitivi. Si prenda ad esempio la terapia combinata di Stamudina, Nevirapina e Lamidruvina, una delle più diffuse: con i farmaci «di marca» può costare da 7mila a 11mila dollari all’anno per paziente, mentre una delle più importanti case farmaceutiche indiale, la Cipla, produce i tre farmaci «generici» combinati in una sola pastiglia, il Triomune, che esporta al costo di 350 dollari l’anno per paziente: la differenza sta tutta e solo nelle royalties che prende il detentore del brevetto. Il fatto è che se un paese decide di produrre i suoi «generici», ove ne sia capace, o di comprarli da ditte che li producono, la reazione è assicurata: cause legali, cause presso l’Organizzazione mondiale del commercio, o addirittura forme di pressione preventiva – gli Stati uniti ad esempio hanno cominciato a condizionare i loro aiuti a paesi poveri ad accordi bilaterali in cui questi si impegnano a non invocare le norme del Wto che permettono (sia pure con mille limiti) di comprare «generici» in caso di grave minaccia alla salute pubblica.

Il ministro brasiliano fa notare che il gruppo potrà meglio resistere alla pressione delle aziende farmaceutiche e dei governi dei paesi ricchi, in caso di rottura di un brevetto. «Formato da paesi che sommano un gran numero di consumatori, il gruppo potrebbe ridurre la capacità di pressione dal parte dei paesi ricchi», ha dichiarato Costa. Non solo: Cina e India sono anche i due primi produttori di farmaci generici al mondo (seguite da Brasile e Thailandia). Il Brasile poi è il paese che negli anni `90 ha registrato il maggiore successo nella battaglia per fermare la diffusione dell’Aids, sia perché ha deciso di produrre i suoi «generici» (sfruttando il periodo di grazia concesso dal Wto prima di dover rispettare i brevetti), sia soprattutto perché ha distribuito farmaci, preservativi ed educazione preventiva attraverso un sistema sanitario basato sull’accesso universale. In altre parole, il «gruppo degli 8» per la battaglia all’Aids unisce capacità tecnicologica e una certa idea della salute pubblica.