Fondo Globale, a rischio il contributo italiano

Valdo Spini (Ds) ha chiesto se l’esecutivo intende onorare l’impegno economico promesso, pari a 100 milioni di euro, entro il 30 settembre.Il deputato dei Ds, Valdo Spini, si e’ rivolto al governo con un’interrogazione per sapere se l’esecutivo intende ridurre l’impegno economico promesso contro alcune malattie mortali che affliggono i paesi poveri. ”Attesa l’importanza della lotta alle grandi malattie dell’Aids, della tubercolosi e della malaria e gli impegni presi anche dal Presidente del Consiglio Berlusconi in proposito, se sia vera la notizia di stampa – scrive Spini rivolgendosi al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri – che l’Italia starebbe per venire meno all’impegno di versare entro il 30 settembre 2004, cento milioni di euro al fondo globale per la lotta contro l’Aids, tubercolosi e malaria e quali siano i provvedimenti, che il Governo intende prendere per rimediare a questa situazione”.

La notizia del rischio-insolvenza è stata riportata sul Corriere della Sera, secondo il quale il relativo capitolo di spesa sarebbe stato depennato dal ministero dell’Economia. Succede infatti che l’Italia sta per venire meno all’impegno di versare, entro il 30 settembre 2004, cento milioni di euro al Fondo globale per la lotta a Aids, tubercolosi e malaria. Se ciò avvenisse non solo l’Italia farà una pessima figura internazionale; non solo Silvio Berlusconi, che del Fondo è uno dei promotori, perderà un pezzo di credibilità; soprattutto, una cifra consistente (superiore ai cento milioni promessi dall’Italia) non entrerà nel circuito di iniziative, già in funzione, del Fondo, e questo stesso strumento destinato ai Paesi più poveri del pianeta rischierebbe di perdere prestigio e capacità operativa. Il Fondo globale, che fu lanciato nel 2001 al G8 di Genova, ha ricevuto dall’Italia cento milioni nel 2002 e altrettanti nel 2003. Al G8 di Evian, poi, Berlusconi si è impegnato per la stessa cifra nel 2004 e nel 2005. Nella furia dei tagli al bilancio chiesti dall’Unione europea, però, lo scorso giugno il ministero dell’Economia ha fatto saltare anche il capitolo di spesa 2180: 180 milioni per «iniziative ad hoc» che comprendono anche i cento del 2004 destinati al Fondo globale.

La cosa è negativa per più di una ragione. Innanzitutto, Aids, tubercolosi e malaria provocano ogni anno più di sei milioni di morti nel mondo e sono devastanti per le economie e le strutture sociali, a cominciare dalle famiglie, di decine di Paesi poveri, e il Fondo è la prima grande iniziativa internazionale che dà una risposta coordinata a queste tragedie. Finora, Roma ha giocato un ruolo di primo piano: non solo Berlusconi si è fatto sin dall’inizio paladino dell’iniziativa, ma l’Italia è anche il secondo contribuente del Fondo (dopo gli Stati Uniti) ed è, assieme a Usa e Giappone, uno dei tre Paesi a detenere un seggio individuale nel consiglio di amministrazione dell’organismo di Ginevra. Saltare il pagamento del 2004 – che, invece, è già stato effettuato o garantito da tutti gli altri Paesi che si erano impegnati – sarebbe, insomma, disdicevole dal punto di vista dell’impegno umanitario e un pessimo segno dal punto di vista della reputazione italiana, già piuttosto bassa, in fatto di aiuti allo sviluppo.

Il mancato contributo italiano entro il 30 settembre, inoltre, avrebbe anche la conseguenza di diminuire la quota che versano gli Stati Uniti. Washington, infatti, per il 2004 ha destinato al Fondo globale 547 milioni di dollari (il 34% dei 1.603 raccolti quest’anno), a patto però che questa cifra non superi il terzo del totale dei versamenti. In altri termini, se l’Italia non manterrà l’impegno, gli Stati Uniti verseranno una quarantina di milioni di dollari in meno. A Ginevra, al Fondo globale, c’è ovviamente agitazione, sia per il minore flusso di denaro in entrata sia per l’incertezza politica che la «mancanza» italiana produrrebbe. Le pressioni esercitate su Roma, però, sinora hanno dato risultati modesti. Dal momento che il decreto taglia spese che ha congelato il contributo al Fondo è stato convertito in legge ordinaria, sarebbe ora necessario, per ripristinare la spesa, un contro-atto con forza di legge. «Sinceramente, esprimo un certo pessimismo sulla possibilità di ripristinare il contributo – dice Fiorello Provera, della Lega, presidente della commissione Esteri del Senato -. In Iraq abbiamo speso più soldi di quanto si pensasse. Lo stesso in Afghanistan. Le risorse da qualche parte vanno reperite». E a Umberto Ranieri, Ds, vicepresidente della commissione Esteri della Camera, non risulta che iniziative sulla questione del Fondo globale siano previste nelle prossime settimane. Alberto Michelini (Forza Italia), rappresentante personale del presidente del Consiglio per i problemi dell’Africa, dice invece di avere avuto assicurazione da Palazzo Chigi che il versamento verrà effettuato «entro la fine dell’anno».

Insomma, senza un’iniziativa urgente, l’Italia rischia di perdere prestigio e influenza anche nel Fondo globale per la lotta a Aids, tubercolosi e malaria. E non è una buona cosa, anche perché quest’ultimo ha iniziato a funzionare con una certa efficienza. Per ora, ha approvato interventi per tre miliardi di dollari (2,4 miliardi di euro) e di questi ne ha materialmente finanziati per 511 milioni. Per esempio, sta intervenendo su mille malati di Aids-Hiv in Ghana; ha fondato 38 centri integrati per l’intervento sull’Hiv in Rwanda; ha distribuito terapie contro la malaria resistente ai farmaci a 28 ospedali in Zambia; ha avviato un progetto di training di medici per il trattamento della tubercolosi nelle Filippine. Facendo seguito all’interrogazione il ministro della Salute Girolamo Sirchia è intervenuto sulle pagine del “Corriere della Sera” per rassicurare: “sono sicuro che troveremo una soluzione. La volontà politica c’è, si tratta solo di individuare la strada migliore”. Ma le settimane a disposizione del nostro esecutivo per risolvere la questione sono soltanto due.