EDITORIALE: DOBBIAMO COLLABORARE DI PIU’

GSK blocca gli studi di fase IIb sui CCR5 nei pazienti naive per tossicità epatica. Oggi è certamente un triste giorno: gli attivisti di tutta Europa avevano combattuto affinché gli studi preliminari (di fase II, di dose-finding) su nuove classi terapeutiche per la cura dell’HIV/AIDS non venissero svolti su pazienti naive. E’ assurdo che nuove classi di cui si sa ben poco vengano sperimentate su pazienti che hanno a disposizione ben oltre 17 molecole tutte approvate e validate.

La questione aveva provocato anche discordanza tra gli attivisti europei e quelli americani.

Sarebbe stupido e anche poco lungimirante sottolineare solamente che quanto da noi sostenuto, purtroppo, è stato anche validato dalla letteratura.

Quando i pazienti Europei, in particolare quelli italiani dell’I-CAB (Italian Community Advisory Board), assieme ai colleghi europei dell’EATG (Eurpean AIDS Treatment Group), avevano lanciato un appello il 4 Aprile 2005 affinché i protocolli su pazienti naive venissero almeno emendati (in quanto non si poteva proprio parlare di sospensione sui naive) per garantire che persone HIV-positive naive con un sistema immunitario compromesso non vi entrassero, si scatenò “il putiferio”.

Alcuni paesi in Europa bloccarono le sperimentazioni, altri l’hanno permessa. In Italia i protocolli sono andati avanti ed I-CAB si sentì in dovere di scrivere direttamente alle persone HIV-positive per boicottarli, questo per ragioni di eticità.

Quanta tristezza e quanta amarezza. Possiamo solo dire che la fortuna ci ha assistito rispetto al fatto che non sono accadute situazioni ancora più gravi.

Questo editoriale per chiedere alla comunità scientifica e alle aziende farmaceutiche di ascoltarci di più e di considerarci di più l’un l’altro: dobbiamo imparare a consultarci e collaborare insieme per la lotta a questa malattia. I processi di advocacy che in tanti anni le persone HIV-positive hanno costruito sui protocolli di ricerca e sui consensi informati devono diventare sempre più operativi.

Solamente una sinergia tra medici, pazienti, industrie, senza preconcetti reciproci, è la strada da seguire per costruire il futuro della terapia anti-HIV.

Chi ci ha rimesso ? I pazienti certamente, ma non solo. La gestione di una patologia così complessa deve necessariamente passare per il rapporto fiduciario medico-paziente. Non possiamo rischiare che questo dogma venga indebolito. Le persone HIV-positive devono avere la certezza che la comunità scientifica, le aziende, le associazioni di pazienti, secondo i rispettivi ruoli, collaborano continuamente e nel loro interesse.

Va dato atto a GlaxoSmithKline, in particolar modo alla struttura della medica e della patient advocacy italiana, di avere condiviso tempestivamente tutte le informazioni del caso.

Nadir