ACCESSO ALLARGATO AI FARMACI: I-CAB SCRIVE AL MINISTRO E ALL’AIFA

I-CAB si rivolge direttamente alle istituzioni per tentare di fare chiarezza presso i comitati etici in merito all’accesso allargato dei farmaci salvavita, in particolare quelli per l’HIV. C’è infatti il rischio che molti comitati etici boccino i prossimi protocolli di accesso allargato realmente salvavita per le persone con HIV/AIDS.Spett.le Ministro della Salute

Spett.le Agenzia Italiana del Farmaco

Direttore Generale – Dr. Nello Martini

Direttore OsSC – Dr. Carlo Tomino

Bologna, 03/06/2005

PREOCCUPAZIONI SULLA POSSIBILITA’ DI AVERE ACCESSO A FARMACI SALVAVITA IN ITALIA

RICHIESTA DI INTERVENTO DELLE AUTORITA’ COMPETENTI

Gentilissimi Ministro, Dr. Martini e Dr. Tomino,

chi vi scrive è I-CAB, Italian Community Advisory Board, coalizione di associazioni di lotta all’AIDS, che opera sul territorio italiano. Tra i nostri scopi di attività vi è anche la possibilità di assicurare, alle persone con HIV/AIDS, che non hanno più opzioni terapeutiche disponibili, l’accesso alle terapie antiretrovirali attualmente in corso di studio, tramite protocolli di ricerca adeguati, per permettere loro di avere un beneficio terapeutico.

Ci rivolgiamo alla Vs. attenzione per evidenziare un grave problema di deficit normativo presente sul territorio italiano, in merito all’accesso a farmaci anti-HIV/AIDS, realmente salvavita, ancora in sperimentazione clinica.

[dal decreto 8 maggio 2003 Art. 3 – Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica]

1. La fornitura del medicinale di cui all’art. 1 può essere richiesta alla impresa produttrice:

a) dal medico per uso nominale nel singolo paziente non trattato nell’ambito di studi clinici;
b) da più medici operanti in diversi centri o da gruppi collaborativi multicentrici;
c) dai medici o da gruppi collaborativi, per pazienti che hanno partecipato a una sperimentazione clinica che ha dimostrato un profilo di efficacia e tollerabilità tale da configurare la necessità, per coloro che hanno partecipato al trial, a fruire con la massima tempestività dei suoi risultati.

Nel DECRETO 8 maggio 2003 “Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica”, l’articolo 3 non contempla un caso, molto comune nella patologia in cui noi operiamo, ossia quello che la stessa azienda farmaceutica, su pressione di gruppi di attivisti quali noi siamo, metta direttamente a disposizione, in un protocollo ad hoc – con criteri di inclusione “più permissivi” rispetto a quelli “più restrittivi”degli studi registrativi – la specialità medicinale non ancora approvata, di modo che il medico curante possa eventualmente usufruirne, qualora ritenesse il farmaco in sperimentazione necessario per la vita del paziente.

I 3 casi contemplati nel sopra citato decreto, infatti, non permettono al medico di operare con serenità in merito all’utilizzo di specialità medicinali ritenute “necessarie per la vita di un paziente”:

il caso a) uso nominale, fa si che lo sperimentatore debba attivarsi nei meandri burocratici spesso ostici, ponendo a serio rischio la vita del paziente in necessità causa lungaggini burocratiche, e sempre e comunque per un singolo caso, quando invece spesso accade che i vari centri clinici abbiano diverse persone, purtroppo, in necessità di un nuovo farmaco;

il caso b) non è chiaro sull’assunzione di ruoli e responsabilità;

il caso c) è invece previsto solo per pazienti che abbiano già, in precedenti studi, avuto accesso alla specialità medicinale.

Tutto questo con il risultato che pazienti, in reale necessità, che non abbiano avuto la possibilità di partecipare a studi di fase III, per motivi di “criteri di inclusione poco permissivi”, non possano avere accesso al farmaco e quindi potenzialmente possano essere a serio rischio di vita.

A nostro giudizio sarebbe sufficiente inserire un caso d) che permetta all’azienda farmaceutica, con l’assunzione delle dovute responsabilità di costi ed assicurative, di poter inoltrare, su richiesta dello sperimentatore, al comitato etico un protocollo ad hoc.

La patologia in cui noi operiamo, essendo ad esito mortale e di innovazione terapeutica continua, necessita di studi di questo tipo (all’estero chiamati Expanded Access Programs oppure Early Access Programs) che, sul nostro territorio, non vengono adeguatamente contemplati dal punto di vista normativo: a nostro avviso è errato percepire e trattare questi studi come se fossero degli studi di pre-marketing.

Studi di pre-marketing del genere accadono forse in altre patologie, o per i farmaci di una prima linea terapeutica, ma non sono ancora possibili nell’ HIV /AIDS.

Viceversa, questi studi sono da noi associazioni spesso “negoziati” anche nei numeri di trattamenti che l’azienda metterà a disposizione per il nostro paese, con grossi sforzi a livello internazionale, per permettere a persone in necessità l’utilizzo della specialità medicinale sperimentale. I criteri di questi protocolli, sempre su pazienti fortemente pre-trattati e comunque restrittivi in merito alle opportunità di arruolamento, sono tutelanti rispetto al possibile uso improprio degli stessi protocolli: la premessa dei protocolli, infatti, spesso contiene dettagli in merito a bassi numeri di CD4, alta carica virale, fallimento terapeutico in atto, prova della reale necessità della specialità medicinale in questione.

Attualmente riscontriamo che molti Comitati Etici esprimono un parere negativo su questi studi.

Dal nostro diretto confronto con alcuni membri degli stessi, è emerso che questo avviene soprattutto per una mancanza di chiarezza della normativa. Fatta eccezione per i C.E. degli ospedali che hanno i maggiori reparti di malattie infettive nel nostro paese, che riconoscono l’importanza di questi studi di “accesso allargato”, i più penalizzati da questa mancata chiarezza sono i Centri Clinici minori e spesso situati nel sud Italia.

Siamo dunque a chiederVi di intervenire in ambito legislativo per risolvere questo problema e di fare, per quanto possibile, adeguata formazione ai comitati etici che spesso non comprendono questa tipologia di problemi, costringendo persone in necessità terapeutica a migrare verso centri clinici dove invece il problema dell’HIV/AIDS è adeguatamente compreso ed affrontato.

Certi di un Vs. interessamento, in attesa di riscontro Vi ringraziamo anticipatamente

Italian Community Advisory Board