Antiproibizionisti contro Fini a Bologna

Succede ormai da otto anni: per un giorno, il centro di Bologna diventa una «Zona temporaneamente antiproibizionista». E’ la festa di quei cinque milioni di italiani che il resto dell’anno sono costretti a prepararsi uno spinello con la coda dell’occhio a far da sentinella. Quest’anno, la street parade antiproibizionista si terrà sabato prossimo, 3 luglio. Appuntamento alle tre del pomeriggio ai Giardini Margherita da dove, qualche ora dopo, partirà il rave itinerante che attraverserà la città per approdare alla villa Angeletti, dove si farà una lunga sosta fino alle quattro di pomeriggio del giorno successivo. «Oggi, ancora più che in passato – si legge nel comunicato che annuncia la manifestazione – la street assume un valore forte. Il progetto perverso e liberticida della legge Fini avrà come effetto centinaia di migliaia di persone abbandonate a se stesse e soggette a continue repressioni: non ci sarà distinzione tra droghe leggere e pesanti, verrà introdotta la dose minima consentita e, come alternativa alla pena amministrativa o penale, il passaggio dalle comunità di recupero, con in testa San Patrignano». Gianfranco Fini è infatti riuscito far approvare in consiglio dei ministri il testo di legge più oscurantista d’Europa, che in senato è passato per la commissione e si appresta, correndo su una corsia preferenziale, ad approdare alla discussione in aula. Il vicepresidente del consiglio ha anche rimosso il commissario antidroga, Soggiu, sostituendolo con l’ex deputato di An Nicola Carlesi, dirottando su di sé con un decreto tutte le deleghe in materia di droga. Carlesi ha debuttato, in occasione della giornata internazionale delle Nazioni unite contro l’uso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti, il 26 giugno, annunciando il piano nazionale di interventi su prevenzione, contrasto del traffico, trattamenti sanitari e lavoro che è un tripudio di piccole e grandi minacce e ricatti suffragati dal valido sostegno di alcune comunità terapeutiche «amiche». L’alleanza tra destra e comunità terapeutiche conferma i sospetti di coloro i quali paventano una «privatizzazione della carcerazione», sul modello statunitense, che la legge Fini produrrà. Oggi, il 40 per cento dei detenuti sconta pene per reati connessi alle droghe. Se il testo di Fini diventerà legge, questa percentuale è destinata a crescere, allargando di molto il grande business delle comunità di recupero, che ricorda un po’ quello dei cpt per migranti. Dall’opposizione, invece, arrivano segnali più incoraggianti: un testo alternativo alla legge Fini è stato presentato alla camera da un gruppo di deputati che afferma di voler ricondurre la questione «dal penale al sociale», e che è tutto virato su depenalizzazione del consumo e riduzione del danno. Un’impostazione che va molto oltre le divisioni e i veti incrociati dei precedenti governi di centrosinistra. Non a caso centinaia di operatori di strada, associazioni e singoli cittadini hanno aderito all’iniziativa. Quest’anno, la street parade bolognese cade anche a poche settimane dalla «liberazione» di Bologna da Guazzaloca e dal centrodestra. Gli organizzatori della giornata, che valutano come nella sola Bologna ci siano cinquantamila consumatori di marijuana, avanzano una proposta al neosindaco Sergio Cofferati: un’ordinanza che istituisca luoghi autorizzati in cui sia possibile comperare e fumare marijuana; che consenta di coltivarla per uso personale nel totale rispetto della privacy; che introduca la non punibilità per possesso di cannabis fino a dieci grammi e la possibilità di sperimentarne l’uso terapeutico.