AIDSVAX: dalla privatizzazione globale della sanità effetti perversi

Nuovo flop (o quasi) sulla strada della ricerca di un vaccino in grado di sconfiggere il virus Hiv. Ne ha dato notizia ieri la Vaxgen, società statunitense specializzata nello sviluppo commerciale di prodotti contro alcune malattie infettive (tra cui, oltre all’Hiv/Aids, anche antrace e vaiolo), commentando i primi risultati della sperimentazione su esseri umani del vaccino Aidsvax. Da Il Manifesto Nuovo flop (o quasi) sulla strada della ricerca di un vaccino in grado di sconfiggere il virus Hiv. Ne ha dato notizia ieri la Vaxgen, società statunitense specializzata nello sviluppo commerciale di prodotti contro alcune malattie infettive (tra cui, oltre all’Hiv/Aids, anche antrace e vaiolo), commentando i primi risultati della sperimentazione su esseri umani del vaccino Aidsvax. Al termine del primo anno di sperimentazione, ha fatto sapere la Vaxgen, «lo studio non ha mostrato, in generale, una riduzione statisticamente significativa dell’infezione da Hiv». Avrebbe però offerto indicazioni incoraggianti sull’efficacia del vaccino per alcuni gruppi di popolazione, in particolare neri e asiatici. I risultati resi noti si riferiscono a un campione di 5009 volontari, maschi e femmine residenti negli Stati uniti, in Canada, Puerto Rico e Olanda, che si sono sottoposti a un ciclo di tre iniezioni. A 3330 di questi volontari è stato somministrato Aidsvax, mentre 1679 hanno ricevuto un placebo. L’esito della sperimentazione, sempre secondo Vaxgen, è che «la riduzione dell’infezione nell’intero campione di volontari è stata del 3,8%» (ovvero un quasi completo fallimento). Si segnala tuttavia un 67% di infezioni in meno «tra le minoranze etniche diverse da quelle ispaniche» negli individui vaccinati rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo, con un picco del 78% tra i volontari neri, che erano in tutto 314. L’esiguità di cifre come questa suggerisce grande prudenza nella valutazione, ma la Vaxgen, citando a sostegno della serietà delle sue ricerche la supervisione di esperti independenti, specifica comunque che «i volontari neri e asiatici hanno prodotto livelli di anticorpi più alti contro l’Hiv», mentre «bianchi e ispanici hanno sviluppato livelli molto più bassi di anticorpi protettivi in seguito alla vaccinazione». Servono in ogni caso ulteriori analisi, ammette la società farmaceutica, per confermare se ci sia una diretta correlazione tra il livello degli anticorpi e la prevenzione dell’infezione. Con tutti questi dubbi e distinguo, compreso il fatto che i ricercatori dichiarano di non avere nessuna certezza sul perché «certi gruppi abbiano una risposta immunitaria migliore», il vicepresidente del settore ricerca e sviluppo di Vaxgen Philip Berman ha dichiarato che «per la prima volta abbiamo cifre specifiche che suggeriscono che un vaccino sia servito a prevenire l’infezione da Hiv negli esseri umani». In ogni caso, come riconoscono gli stessi responsabili della sperimentazione, un eventuale vaccino non eliminerebbe la necessità di incrementare i programmi di prevenzione dell’Aids attraverso la diffusione di pratiche come il sesso sicuro. I dati sulla somministrazione di Aidsvax diffusi ieri riguardano il sottotipo B del virus Hiv, prevalente nei paesi occidentali. Un’altra fase della sperimentazione realizzata in Thailandia, i cui esiti saranno resi pubblici nei prossimi mesi, include invece anche il sottotipo E, più diffuso nel sudest asiatico e nell’Africa centrale. Vaxgen ha anche fatto sapere di avere iniziato lo sviluppo di un vaccino che potrebbe rivelarsi efficace nei confronti del sottotipo C, i cui effetti epidemici si registrano nell’Africa del sud in Cina e in India. Generalmente caute le reazioni all’annuncio della società farmaceutica statunitense, definito «deludente» da Seth Berkley, presidente dell’Iniziativa internazionale per il vaccino contro l’Aids. Secondo l’epidemiologo Gianni Rezza, responsabile del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, servono «ulteriori conferme». L’efficacia del vaccino sui sottogruppi di popolazione nera e asiatica, a suo parere, potrebbe derivare dal numero molto basso di persone preso in considerazione o da altri meccanismi che rimangono da spiegare. Vittorio Agnoletto, consulente scientifico della Lila, spiega invece che la vera novità interessante sarebbe lo sviluppo di un vaccino per le varianti dell’Hiv più diffuse nel sud del mondo, dove gli effetti dell’epidemia di Aids sono più devastanti. Più positivo il commento dello European Aids Treatment Group che parla di «un grosso passo avanti». Gli studi attualmente in corso nel mondo per trovare un vaccino contro l’Aids sono una trentina, tra cui quello italiano cooordinato da Barbara Ensoli.