Usa, battaglia per la marijuana terapeutica

Negli Stati Uniti la battaglia per la marijuana terapeutica potrebbe diventare, e forse gia’ lo e’, una questione di diritto tra gli Stati e il Governo federale. Le contee e le assemblee cittadine hanno piu’ volte chiamato a giudizio il Governo federale, e alcune di esse hanno, anche, negato la cooperazione alla Drug Enforcement Agency (DEA), quando questa effettuo’ il raid nel 2002 in una clinica di Santa Cruz che somministrava la marijuana terapeutica ai pazienti terminali. L’avvocato Dan Abrahamson della Drug Policy Alliance, sostiene che il messaggio lanciato dagli organi locali e’ chiaro: “E’ una ribellione contro le autorita’ federali, i cui poteri sono limitati direttamente dalla Costituzione”.

Il caso in giudizio nel tribunale federale di prima istanza, vede protagonisti la contea di Santa Cruz, la quale e’ per un cambiamento delle leggi federali: ritiene che la DEA fece un passo falso quando effettuo’ il raid, violando i diritti costituzionalmente garantiti degli organi locali, i quali possono provvedere autonomamente alle regole della sanita’ pubblica, e in California la marijuana terapeutica e’ stata approvata nel 1996. Abrahamson, legale della parte attrice, sostiene che i poteri alla DEA siano attribuiti, nella costituzione, dalla Controlled Substances Act e dall’Interstate Commerce Clause. La clausola, art.1, sezione 8, recita: il Congresso avra’ il potere di regolare il commercio con gli Stati stranieri, e tra gli Stati e con le tribu’ indiane. Questo significa che la DEA non aveva alcun potere di effettuare il raid nella cooperativa di Santa Cruz, che non fa pagare la marijuana ai propri pazienti. “Il Governo federale puo’ estendere il suo potere nei limiti della Commerce Clause. I pazienti di Santa Cruz coltivano da se’ la sostanza e la consumano per fini medici, non avviene alcun pagamento e nessun commercio, dunque il raid e’ andato ben oltre i poteri concessi”.

James Ostrowski, avvocato e opinionista del Lewrockwell.com, in una intervista alla CNSNews.com ha dichiarato che l’atto federale ha ecceduto i limiti costituzionalmente concessi. La Commerce Clause fu originariamente prevista per impedire agli Stati di emanare tariffe per gli scambi commerciali troppo elevate. “Fu emanata, piu’ o meno, per creare un mercato libero, non per permettere ingerenze federali, ma per realizzare un mercato libero, regolando le vendite e gli scambi di servizi tra gli Stati”.

A sostegno della Contea c’e’ anche il procuratore statale Bill Lockyer, il quale ha inviato una lettera al ministro della Giustizia, John Ashcroft e al capo della DEA, Asa Hutchinson, i cui passi principali sono: “Effettuare raid senza alcuna prova che ci sia una illecita distribuzione o vendita, e’ dispendioso, avventato, ed inspiegabilmente indifferente al volere degli elettori californiani. C’e’ un conflitto tra la legge federale e quella statale -che deve essere risolto-, ma allo stesso tempo non bisogna perdere di vista il rispetto della legge statale, e la DEA dovrebbe riconsiderare le proprie azioni e ridistribuire le risorse utilizzate”.

L’agente speciale della DEA, Ed Childress nell’intervista alla CNSNew.com: “Dire marijuana terapeutica” e’ scorretto, perche’ la comunita’ scientifica e la Corte Suprema, in una sentenza, hanno detto entrambe che la sostanza non e’ equiparabile ad un medicinale. Noi non siamo una organizzazione politica, per questo ci sono i politici, dobbiamo solo fare rispettare le leggi vigenti”.