ICAAC 2012/REPORT – ANTICIPAZIONE DELTA 60

HIV, HPV, Clostridium difficile, PCP, epatiti, vaccini e vaccinazioni, MRSA, herpes, micosi sistemiche, sifilide, i bug, l’influenza… questi i vari temi affrontati nella 52esima edizione dell’ICAAC. A cura di Filippo von Schloesser – Direttore di Delta.

Di conseguenza, presentati nuovi studi sull’armamentario per combattere microbi, batteri e virus sempre più aggressivi e resistenti. Il solo programma della conferenza è contenuto in un libro di 350 pagine e gli abstracts sono scaricabili solo online dal sito www.icaac.org

Di seguito, una rassegna dei temi strettamente legati all’HIV.

Patologia, dove siamo?

Mentre aumenta la curva delle nuove infezioni, quella dei casi di mortalità da HIV è in declino in quanto la terapia funziona e il processo degenerativo prodotto dal virus si rallenta. Difficile oggi non ottenere il successo terapeutico, difficile non restaurare il danno immunologico con gli strumenti terapeutici e le strategie di intervento a disposizione. Le cause di morte sono legate più a fattori non collegati all’HIV e la curva di mortalità delle persone sieropositive si avvicina sempre di più a quella della popolazione generale.
Ciò significa che vi è sempre maggior attenzione a prevenire le comorbosità infettive e quelle legate ai fattori naturali quali l’invecchiamento, i tumori e la durata dell’infezione, o quelle dovute agli stili di vita quali l’uso di alcool, di sostanze, il fumo.
L’aumento di eventi cardiovascolari è rilevato dalla letteratura, ma la eziologia è incerta e controversa nonostante i molteplici studi osservazionali su grandi coorti. Sarà dovuto al fumo e all’uso di droghe? O all’aumento dei livelli lipidici nel sangue indotto dalla terapia con alcuni IP o dal danno agli organi prodotto dagli NRTI? Oppure dall’infiammazione costante causata dalla persistente battaglia contro il virus, anche in assenza di viremia plasmatica rilevabile, con la presenza di PCR, l’aumento di IL-6 e la rilevabilità del D-dimero?
Forse è questa l’ipotesi più attendibile e si associerebbe anche alla prevalenza di tumori correlata spesso ai marcatori dell’infiammazione, rilevati molto più frequentemente nella popolazione HIV positiva. Marcatori che a loro volta si correlano anche alla sindrome metabolica o che ne sono in parte il fattore eziologico causando patologie non-AIDS correlate.

Terapia

E’ certo che l’uso di terapia immediata, oltre a prevenire nuovi contagi, è in condizioni di diminuire i casi di AIDS, gli eventi non-AIDS correlati e la presenza di virus nascosto nei compartimenti di latenza. Se però le linee guida permettono di trattare il paziente solo in certe condizioni (CD4, HIV RNA, comorbosità…), la terapia non può essere iniziata al momento in cui si contrae il virus, quindi l’infiammazione è inevitabile e causa danni. A questo proposito si è dimostrato che l’uso di aspirina a dosaggio basso (81mg/giorno) limita l’apparizione dei tre marcatori tipici dell’infiammazione (Molina, H-043).
Un altro elemento di cui si è discusso e studiato è l’invecchiamento biologico che di per sé rappresenta una sindrome patologica non facile da contrastare e che contribuisce ad accelerare e aumentare i processi degenerativi, soprattutto in presenza di immunoricostituzione costante (Esteban Martinez, Hospital Clinic Barcelona, Symposium 043).

La semplificazione

La semplificazione della terapia è un concetto che può essere visto come:

  • diminuzione di farmaci nel paziente soppresso (mono o dual therapy, concetto nato per contrastare la tossicità della terapia senza diminuirne l’efficacia) o
  • diminuzione di pillole, pur mantenendo tre o quattro molecole diverse all’interno della singola pillola (le cosiddette coformulazioni, che perseguono il concetto di facilitare l’assunzione offrendo un numero di pillole basso).

    Ambedue gli approcci sono validi e complementari: l’uno non esclude l’altro in quanto la terapia deve essere personalizzata (J.Gallant, Symposium 152H, 1185) tenendo in conto durata dell’infezione, comorbosità, anzianità dell’ospite, aderenza ecc…
    Molti sono i farmaci coformulati, quali Atripla (ormai superato da farmaci meno tossici ed efficaci in una percentuale maggiore di pazienti), Kaletra, Combivir, Complera, Quad ed in futuro saranno proposte nuove combinazioni quali Prezista+Reyataz+Cobicistat, Dolutegravir+Ziagen+Epivir, Elvitegravir+Cobicistat+GS7340+Emtriva, Prezista+Cobicistat+Ziagen+Epivir, Prezista+Cobicistat+GS7340+Elvitegravir (Patrick Yeni, Hosp.Bichat, Parigi, Symposium 152H, 1186).
    Sono tutte coformulazioni che semplificano l’assunzione facilitando al paziente il successo terapeutico, ma ci riserviamo il nostro apprezzamento dopo la conferma che i farmaci di recente sviluppo non produrranno effetti collaterali gravi o eventi avversi che possono causare ullteriori comorbosità.

    NUOVI FARMACI E STUDI IN CORSO

    GSK 1265744:

    Il farmaco è il secondo inibitore dell’integrasi in sviluppo dopo il dolutegravir. È stato somministrato in monoterapia, per via iniettiva, per 10 giorni ai dosaggi di 30, 50, 100 mg ed ora il dose finding punta a studiare il 30 mg in quanto questo braccio ha dimostrato una diminuzione della viremia di 2,5 log. Appare come l’inibitore di integrasi più potente anche in presenza di resistenze alla classe. Gli sperimentatori ritengono che la lunga emivita del farmaco, fino 20-50 giorni, può candidarlo come buona alternativa per la PrEP (H-550,Yoshinaga).

    MK 1439:

    Il nuovo NNRTI di Merck ha un profilo di resistenze favorevole, è molto tollerabile, non presenta interazioni con altri antiretrovirali, può essere somministrato una volta al giorno e ha le caratteristiche per essere co-formulato. Può essere assunto con o senza cibo, non è citotossico né cardiotossico, non inibisce il P450 e viene assorbito nel fegato. Il profilo di mutazioni è paragonabile a ertavirina e rilpivirina, mentre è molto più potente di efavirenz. In vitro ha mostrato potenza di 3 volte maggiore sui mutanti tipici della classe. Attualmente in fase IIA (H-551, Lai).

    GS 7340:

    E’ la pro-drug del tenofovir. Si tratta di un tenofovir alafenamidico. In fase I, a dosaggio di 25 mg, mostra una potenza di 3 volte superiore al TDF con una diminuzione di 1,43 log di viremia plasmatica. La potenza superiore del farmaco potrebbe essere utile per i pazienti pretrattati. Ha mostrato negli studi in vitro anche attività contro gli altri virus tipo influenza, oltre ad una buona sinergia con altri antiretrovirali eccetto efavirenz Sono iniziati di recente gli studi di fase II che potranno anche evidenziare effetti collaterali e dosaggi (H-552, Callebaut).

    ALBUTIRVIDE:

    Inibitore della fusione ad uso endovenoso che ha mostrato una potente attività di riduzione della viremia plasmatica. Agisce sulla gp41 e non mostra penetrazione nel cervello e nei testicoli. Ha un’emivita di 100 ore ed il dose finding ha studiato i dosaggi da 20 a 640 mg ogni 14-20 giorni. Lo studio presentato era indirizzato a maschi naive omosessuali. Non sono stati rilevati eventi avversi o anticorpi anti inibitori della fusione. Il dosaggio prescelto per la prosecuzione degli studi è quello di 320 mg che ha ridotto la viremia plasmatica nei soggetti in studio di 1,05 log con una singola somministrazione. Sono in corso gli studi per la combinazione di albuvirtide con altri antiretrovirali anche in pazienti pretrattati (H-554, Wu).

    QUAD:

    Confermata la non inferiorità a 48 settimane della singola pillola che contiene Elvitegravir/cobicistat/emtricitabina/tenofovir paragonata a Atripla e Truvada + Reyataz/r. Il successo virologico si è riscontrato nell’89% dei pazienti in studio contro l’84% di quelli che assumevano Atripla e l’86% del braccio con Reyataz/r. Simili gli eventi avversi, ma maggiore nel braccio QUAD la tossicità renale che nello 0,8% ha portato a sospensione della terapia: il cobicistat può essere la causa dell’aumento di creatinina in quanto rafforza anche gli effetti del tenofovir. Nel 5% dei pazienti si è avuto aumento del CK che ha portato a sospensione della terapia. Migliore il profilo LDL rispetto ad Atripla ed i trigliceridi sono risultati meno elevati che nel braccio con Reyataz/r. Nessun evento neuropsichiatrico nel braccio QUAD (H-555, Ward).

    NUCLEOTIDICO B:

    Il nuovo nucleotidico inibitore della trascrittasi inversa di Boehringer Ingelheim propone una attività selettiva antiretrovirale potente e non presenta pattern di resistenza crociata con la classe, non inibisce il citocromo P450 ed in vitro appare di 1000 volte più potente dell’abacavir (LB, H-556a, Tremblay). Studiato solo in vitro, passa ora alla fase clinica.

    DOLUTEGRAVIR, STUDIO SINGLE:

    Il nuovo inibitore dell’integrasi, comparato a Atripla in uno studio di superiorità (finalmente!) nei naive mostra una diminuzione di 4,7 log di HIV RNA a 28 giorni con un aumento statisticamente significativo di CD4 maggiore. Rilevata tossicità renale minore che nel braccio di confronto ed altri effetti collaterali di minore intensità su un numero minore di pazienti in studio rispetto ad Atripla, che non ne esce bene dallo studio, soprattutto per la percentuale inferiore di pazienti che raggiungono la non rilevabilità dell’HIV RNA (88% vs 81%). Se fino a pochi anni fa ci si poteva accontentare di risultati buoni, oggi la ricerca su nuovi farmaci ci permette di pretendere il risultato ottimale sia di efficacia che di diminuzione di effetti collaterali (LB, H-556b, Walmsley).

    STUDIO ASSURE:

    La semplificazione a Ziagen + Reyataz senza RTV da Truvada + Reyataz/RTV mantiene soppressa la carica virale a 24 settimane e migliora i biomarcatori di tossicità ossea (fosfatasi alcaline, c-teloptide, osteocalcina…). Riscontrato anche l’aumento di CD4 nel braccio di semplificazione. Non si riscontrano aumenti dei marcatori di infiammazione (PCR, D-dimero, IL-6) mentre il colesterolo HDL (buono) aumenta considerevolmente (LB, H-556c, Wohl).

    COMPLERA, STUDIO SPIRIT:

    Passare da IP/r con 2 NRTI a emtricitabina/rilpivirina/tenofovir DF (Complera, Edurant) mantiene la soppressione virale ed è ben tollerato a 24 settimane anche nei pazienti oltre i 40 anni di età, con CD4 tra i 600 e i 640. Nello studio, il 95% dei pazienti mantiene la viremia soppressa, ben un 10% in più di quelli che assumono IP, forse anche grazie alla singola pillola. La Rilpivirina, in quanto a efficacia, supera di gran lunga l’efavirenz. Ma gli effetti collaterali si notano nonostante le affermazioni: gli eventi avversi di grado 3 o 4 sono presenti solo nel braccio Complera con il peggioramento della funzione renale e aumento della creatinina e ciò non può essere un fattore rassicurante nei pazienti oltre i 40 anni che, spesso, assumono altri farmaci. La sospensione della terapia è stata necessaria nel 2% dei pazienti con Complera. Migliore il profilo lipidico. Non sono disponibili i dati sulle comorbosità che si potranno verificare solo negli studi a lungo termine (H-556, Shamblau).

    ISENTRESS QD:

    Sono stati arruolati 150 pazienti con una storia di scarsa aderenza a regimi BID per studiare l’Isentress una volta al giorno. Al basale, i pazienti avevano una media di 350 CD4 e 28.000 copie di HIV RNA. A 12 mesi l’80% di essi aveva massima soppressione virale, il 10% viremia intorno alle 400 copie, ma nei seguenti 3 mesi hanno raggiunto la massima soppressione. L’aumento medio di CD4 è stato di 150 e non si sono rilevati casi di resistenza al farmaco (poster H-884, Stewan). La modalità di somministrazione non è provata da studi clinici, ma potrebbe essere una opzione nei casi di evidente scarsa aderenza a regimi BID.

    COMORBOSITA’

    SNC

    Il sistema nervoso centrale (Spudich, 444) è colpito dall’HIV e rappresenta uno dei compartimenti a rischio di malattia neuropsichiatrica. Le HAND (HIV Associated Neurological Disorder) sono presenti in modo non sintomatico nel 53% delle persone con HIV, la mild dementia nel 12%, la dementia nel 2% (citando lo studio CHARTER). Ma l’infiammazione, ovvero la presenza plasmatica di biomarcatori di infiammazione (PCR, IL-6, D-dimero), rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo. In particolare, l’invecchiamento, l’abuso di sostanze e la depressione contribuiscono ad aumentare e ad accelerare la malattia cerebrale. Spudich si sofferma a lungo sulla prevenzione e cura della depressione quale fattore che consuma le attività cerebrali e indebolisce le difese del SNC.

    HCV

    Trapianti

    Peter Stock (Simposio 043H, lettura 443), conferma che la prevalenza di HCV e HIV è del 30% e lamenta che negli USA il successo nei pazienti con trapianto di fegato nei coinfetti si raggiunge soltanto nel 53% dei casi, mentre in Europa la percentuale è più elevata. Viceversa, nei monoinfetti, tale percentuale è più alta e raggiunge il 74%. Forse il dato suggerisce che il paziente coinfetto ottiene un trapianto troppo tardivamente. Comunque le comorbosità dopo il trapianto diminuiscono e il chirurgo rileva che i pazienti che assumono terapia antiretrovirale contenente Raltegravir (ISENTRESS) con IP hanno riescono a gestire meglio l’HIV.

    Terapia

    Curare, non curare, o aspettare i nuovi farmaci? Dipende dallo stadio della malattia, ovvero della fibrosi, la storia precedente di terapia, la risposta parziale o nulla a precedenti trattamenti per l’HCV e dal genotipo. Inoltre, se precedentemente trattata, bisogna comprendere la ragione per cui la terapia è stata sospesa: effetti collaterali della terapia con interferone o mancanza di risposta virologica? Comunque si è confermato che i pazienti con cirrosi necessitano di una terapia per 48 settimane, con maggiori rischi di effetti collaterali, in particolare la citopenia. Il supporto psicologico della famiglia e professionale sono di fondamentale importanza per il successo della terapia (Molina, Parigi, H-219).
    L’introduzione di telaprevir e boceprevir ha aiutato la gestione della coinfezione, ma si attendono altri farmaci innovativi (nucleosidici inibitori della polimerasi, della proteasi e NS5A). Gli attuali sono di difficile integrazione a causa delle interazioni con la terapia antiretrovirale, soprattutto con gli IP: ricordiamo che boceprevir diminuisce le concentrazioni di RTV e che RTV rafforza il boceprevir ma non il telaprevir (Soriano, Madrid, Meet the Experts, 052H, 482).
    Appare evidente che un approccio congiunto con l’infettivologo è indispensabile in quanto l’epatologo, non conoscendo a fondo le caratteristiche della terapia HIV, potrebbe azzardare una terapia che contrasta con quella dell’HIV. Rischia infatti di vanificarla sottostimando le difficoltà del paziente coinfetto.