EACS/MADRID – IL TEST PER L’HIV: FARE EMERGERE IL SOMMERSO

Rendiamo disponibile in anteprima parte del report di Delta n.38 (in distribuzione in dicembre 2007) dell’11-esima Conferenza Europea sull’AIDS/EACS Madrid, 24-27 Ottobre 2007. Ringraziamo Giovanni Guaraldi per questa parte.
Più volte Jens Lundgren ha citato il dato epidemiologico elaborato dal “HIV in Europe Steering Committee 2007“ che attesta che dei 2.4 milioni di cittadini europei con infezione da HIV, solo 1.1 milioni siano effettivamente consapevoli della propria malattia. Indubbiamente l’esistenza di un 60% di persone con infezione da HIV inconsapevoli del proprio stato sierologico risente pesantemente della situazione epidemica fuori controllo degli stati dell’Europa dell’est, tuttavia anche nell’Europa centrale e occidentale esiste un 30-40% di sommerso che testimonia un sostanziale fallimento delle politiche di prevenzione e di accesso ai centri di Volontary testing & counselling.

L’identificazione delle persone con infezione da HIV, attraverso l’esecuzione del test specifico, permette un evidente vantaggio sia per la persona infetta che per la collettività. Nel primo caso si permette l’accesso del paziente alle terapie antiretrovirali in grado potenzialmente di arrestare la progressione della malattia da HIV verso l’AIDS, nel secondo caso, si può ridurre la trasmissione dell’infezione da HIV nella comunità.

I dati epidemiologici statunitensi mostrano che nel 2002 oltre 1.200.000 persone erano inconsapevoli della propria infezione da HIV non avendo avuto accesso al test. Al fine di favorire l’identificazione precoce dell’infezione, in data 22/9/06 il Center for Diseases Control di Atlanta ha pubblicato “Revised reccomendations for HIV testing of adults, adolescents and pregnant women, in health care settings” (MMWR 22 September 2006 RR-14, vol 55) che propone l’inserimento del test HIV nell’ambito della routine ematologica dei pazienti di età compresa tra 13 e 64 anni che accedono a strutture sanitarie pubbliche o private.

Durante il congresso di Madrid è stato condiviso che questa politica sanitaria statunitense non è risultata particolarmente efficace e rimane gravata da costi ancora piuttosto elevati sia per il test di screening che di conferma. Inoltre, non convince l’indicazione di eseguire il test HIV in maniera universale basandosi su un livello di prevalenza dell’infezione al di sopra dell’1% della popolazione generale: infatti in gran parte dell’Europa la prevalenza dell’infezione non giustificherebbe tale comportamento. Pertanto l’ HIV in Europe Steering Committee ha proposto di spostare l’offerta del test in base ad un legittimo percorso di diagnosi differenziale quando si valutino patologie la cui comorbidità sottende un’incidenza di infezione da HIV ≥1%. Sono stati cioè cercati indicatori di malattia da HIV che permettano di fare uno screening mirato nell’ambito di percorsi razionali di diagnosi differenziale.

L’elenco delle patologie ovviamente comprende le manifestazioni definenti l’AIDS (CDC. MMWR 1992;41(RR-17); Emery et al. Control Clin Trials 2002;23:198-220), ma anche altre malattie a trasmissione sessuale, le polmoniti, alcune malattie neurologiche ed altre, la cui presenza giustifica di considerare l’infezione da HIV nel percorso di diagnosi differenziale.

Personalmente ho apprezzato questa proposta di favorire in maniera mirata l’incremento di offerta del test HIV. Mi sembra razionale dal punto di vista clinico e rispettosa del fatto che i 25 anni passati di cultura di counselling & testing non sono affatto da buttare via. Il percorso è, però, appena cominciato e si prevede di avere tavoli di contrattazione politica con i rappresentanti dei vari paesi europei per stabilire le modalità nazionali di accesso al test.

Giovanni Guaraldi è ricercatore presso la Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali dell’università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Policlinico di Modena.